Strage di Samarate, Nicolò Maja da mesi aspetta l’intervento alla testa e un aiuto per le spese sanitarie

Intanto realizza il sogno di tornare in aereo e di incontrare la sua squadra del cuore, il Palermo

Nicolò Maja con i piloti di un Airbus A380  della compagnia Emirates a Malpensa

Nicolò Maja con i piloti di un Airbus A380 della compagnia Emirates a Malpensa

Samarate (Varese), 29 aprile 2023 -  Il sogno di Nicolò Maja è "tornare a volare", riuscire a lavorare in futuro nel settore dell’aviazione. E la battaglia per uscire dal buio, in una vita "normale" sconvolta un anno fa, passa anche attraverso momenti simbolici, la realizzazione del primo di una lunga lista di desideri. Il 24enne sopravvissuto alla strage di Samarate, nel Varesotto, è tornato nella cabina di un aereo, un Airbus A380 della compagnia Emirates, parcheggiato all’aeroporto di Malpensa. Piloti e hostess hanno accolto in pista il giovane, che dopo il diploma all’Istituto Aeronautico aveva preso il brevetto di volo e ambiva a entrare in Leonardo.

Lunedì a Palermo

Lunedì Nicolò realizzerà un altro desiderio: potrà incontrare, infatti, i giocatori della sua squadra del cuore, il Palermo, e assistere al match contro il Como. "Il mio giocatore preferito è Matteo Brunori, un grande bomber – racconta Nicolò al Giorno – anche se in famiglia non approvano perché sono tutti milanisti".

Le condizioni fisiche

Nicolò ora riesce ad alzarsi dalla sedia a rotelle, le sue condizioni sono migliorate ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli. Una battaglia iniziata la notte fra il 3 il 4 maggio dell’anno scorso quando il padre, l’interior designer Alessandro Maja (ora sotto processo), lo ridusse in fin di vita nella villetta di famiglia a Samarate, dopo aver ucciso la moglie Stefania Pivetta e la secondogenita Giulia, sorprese nel sonno e colpite alla testa. Una furia omicida rimasta ancora senza spiegazioni.

“Non dimentico” 

“Stefania e Giulia sono sempre con me – spiega Nicolò - l’unica cosa che posso fare per onorare la loro memoria è guardare avanti, cercare di stare meglio, perché indietro non si può tornare. Ho scritto una lettera a mio padre in carcere, chiedendogli perché ha voluto distruggere la nostra famiglia – racconta –. Lui non mi ha ancora dato spiegazioni, e io a distanza di un anno non riesco ancora a capire come possa aver fatto tutto questo. Il mio sogno è quello di riuscire, un giorno, ad avere un lavoro. Ora spero che l’ospedale di Varese mi chiami per programmare l’operazione alla testa".

L’attesa per l’intervento

L’intervento per la ricostruzione del cranio è una tappa cruciale nel lungo percorso di riabilitazione, ma la famiglia non ha ancora una data. "Nicolò è stato dimesso il 12 settembre e da allora stiamo aspettando che ci chiamino per l’intervento", spiega il nonno materno, Giulio Pivetta, che dal giorno del massacro assiste il 24enne come un angelo custode.

“Quando ho chiamato l’ospedale, mi hanno detto che ci sono ritardi perché manca il materiale o ci sono problemi alle apparecchiature – si sfoga –. Gli hanno salvato la vita, ma il calvario non è finito. Il cervello di mio nipote è protetto solo dalla cute, se dovesse cadere correrebbe rischi enormi. Purtroppo non abbiamo la possibilità di effettuare l’intervento privatamente – sottolinea – e dobbiamo aspettare i tempi della sanità pubblica, come tanti altri italiani. Non siamo persone abituate a lamentarsi, ma ci sentiamo trascurati".

Gli amici

Resta l’affetto degli amici di Nicolò, che riempiono giornate segnate da una stretta routine. La sveglia alle 8, la colazione e le medicine. Le sedute di fisioterapia, le visite al cimitero dove riposano Stefania e Giulia. Il 4 maggio verranno ricordate con una messa, alle 8.30 nella chiesa di Samarate.

Abbandonati dallo Stato

“Un anno fa ci è crollato il mondo addosso – aggiunge Giulio – e vorrei approfittare per chiedere al Governo di non abbandonare le vittime di reati. Stiamo sostenendo spese che non riusciamo più neanche a quantificare, e l’unico contributo che abbiamo ricevuto finora sono i cinquemila euro donati dall’Associazione Consorzio Umanitas".

Un assegno consegnato dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, durante l’evento “Women for Women against Violence“ a Milano. "Noi continuiamo a chiedere di mettere mano alle leggi sulle tutele economiche per le vittime – spiega Donatella Gimigliano, presidente dell’associazione – perché il sostegno deve essere immediato, non si può attendere che una sentenza diventi definitiva".