Tragedia di Mesenzana: una notte insonne, la strage e poi il conforto religioso

Il padre che ha accoltellato i figlioletti prima di suicidarsi ha telefonato a un esponente della comunità evangelica a cui era vicino

Omicidio suidicio di Mesenzana

Omicidio suidicio di Mesenzana

Mesenzana (Varese) - Una telefonata è partita giovedì mattina, attorno alle 7, dal cellulare di Andrea Rossin, l’uomo che ha ucciso nel sonno i figli di 13 e 7 anni, Giada e Alessio, e poi si è tolto la vita trafiggendosi con lo stesso coltello da cucina nella sua casa a Mesenzana. Il destinatario della chiamata, probabilmente rimasta senza risposta, sarebbe un religioso del Varesotto al quale il 44enne, nei suoi deliri, forse aveva pensato di rivolgersi. I carabinieri, intanto, stanno ricostruendo anche attraverso l’analisi del traffico telefonico le ultime ore di quella notte, sfociata nella decisione di annientare due vite innocenti e distruggere l’esistenza della compagna, Luana.

Notte che Rossin avrebbe trascorso insonne, dopo che i due figli erano andati a dormire presto perché la mattina successiva li aspettava la scuola. Quando è partita la telefonata, alle 7, i due bambini forse erano già morti, uccisi in una manciata di secondi, e l’uomo era in procinto di togliersi la vita senza lasciare messaggi o biglietti. Oppure erano ancora vivi, addormentati. Sarà il medico legale, incaricato dell’autopsia che verrà eseguita martedì, ad accertare l’ora esatta del decesso. Tessere di un puzzle che fanno comparire un orrore senza fine. A scoprire i corpi senza vita di Giada e Alessio è stata la loro mamma. Attorno alle 7.48 è entrata nella villetta a schiera in via Pezza dove anche lei viveva fino a 15 giorni fa quando, esasperata per i comportamenti del compagno, aveva deciso di andare a vivere dalla madre portando con sé i figli. Avrebbe cercato inutilmente di soccorrerli, ha urlato. Poi l’intervento del personale della Croce rossa, i carabinieri, mentre fuori si radunavano familiari sconvolti.

Andrea Rossin soffriva da tempo di problemi psichici, che un paio di anni fa avevano portato anche a un suo ricovero all’ospedale di Cittiglio. Problemi che ultimamente si erano aggravati, mescolando farneticazioni sugli ufo e sui vaccini, una gelosia ossessiva e ingiustificata, la paura senza fondamento che dopo la separazione gli avrebbero impedito di vedere i figli. Rossin aveva frequentato gli evangelici, forse nel tentativo di trovare una serenità. E negli ultimi istanti della sua vita potrebbe aver cercato di contattare una persona vicina alla chiesa che conta numerosi fedeli nel Varesotto. "So che aveva frequentato saltuariamente una comunità della zona – spiega Massimo Quinto, pastore della Chiesa evangelica Bethel di Luino, quella più vicina a Mesenzana – io non lo conoscevo personalmente. Siamo rimasti tutti costernati".