REDAZIONE VARESE

E se il caso del drone spia russo su Ispra fosse solo un “falso allarme”? L’ipotesi c’è ed è realistica

Un’indagine interna del Joint Research Centre avrebbe fatto emergere la possibilità che il captatore del sistema di registrazione "sia stato ingannato da onde elettromagnetiche prodotte da apparecchi interni, come i sensori antincendio"

Un drone spia. A destra, una veduta aerea del Joint Research Centre di Ispra

Un drone spia. A destra, una veduta aerea del Joint Research Centre di Ispra

Milano, 30 maggio 2025 – A fine marzo 2025 era scoppiato un caso sensibile in termini di sicurezza nazionale. L’ipotesi era che un drone spia russo avesse sorvolato almeno sei volte il lago Maggiore nei pressi del Joint Research Centre di Ispra. Ora la svolta inaspettata: potrebbe essersi trattato solo "falsi allarmi". È, questa, un'ipotesi seriamente al vaglio della Procura di Milano nella vicenda delle radiofrequenze registrate e inizialmente attribuite, come era emerso a fine marzo, a passaggi di un presunto drone di sospetta fabbricazione russa, che in quel mese sarebbe transitato per sei volte sopra il centro di ricerca comune della Commissione europea di Ispra (Varese), sul lago Maggiore.

A dare conto di una relazione di un'indagine interna del centro Jrc è il quotidiano Libero. Nella relazione si direbbe che il captatore del sistema di registrazione "potrebbe essere stato ingannato da onde elettromagnetiche prodotte da apparecchi interni, come i sensori antincendio", ovvero da un "falso allarme causato da interferenze esterne". Da quanto si è saputo, nelle indagini della Procura diretta da Marcello Viola, coordinate dall'aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Alessandro Gobbis e condotte dal Ros dei carabinieri, non è arrivata ancora una relazione conclusiva per definire il fascicolo, aperto inizialmente, come ipotesi tecnica, per spionaggio politico o militare, aggravato dalla finalità di terrorismo, a carico di ignoti.

Tra le ipotesi su cui, comunque, già dai primi di aprile si erano concentrate le indagini c'era proprio quella, che pare anche adesso molto concreta, di "falsi positivi" del dispositivo informatico. "Non abbiamo osservato alcuna violazione da parte di droni della no-fly zone sopra il sito di Ispra della Commissione, né siamo a conoscenza di alcuna specifica minaccia alla sicurezza correlata", aveva dichiarato il portavoce della Commissione europea, Thomas Regnier.

A inizio aprile, dopo i primi accertamenti, era venuto a galla che il captatore del centro di ricerca aveva registrato, anche dopo l'apertura dell'inchiesta, altre radiofrequenze compatibili, in teoria, con il sorvolo di un drone di fabbricazione russa. Tuttavia, era già stato precisato che gli inquirenti dovevano accertare in primo luogo, con tutte le analisi tecniche, se quei sei passaggi in cinque giorni sul centro e sulla no-fly zone, registrati dal captatore, e poi quello ulteriore tracciato con le radiofrequenze, addirittura dopo la notizia dell'apertura dell'indagine, fossero davvero riconducibili al transito di droni, eventualmente prodotti in Russia, o fossero dei "falsi positivi" del dispositivo informatico. Per la certezza sui "falsi allarmi" gli inquirenti attendono la definizione delle analisi e la relazione conclusiva.