
Stefano De Gregorio (al centro) mostra orgoglioso il trofeo vinto
Busto Arsizio (Varese), 23 settembre 2015 - "In un'epoca di schiscette solitarie e telefonini sempre a tavola, il cous cous è un piatto che, per come viene servito, rimanda ancora alla convivialità e all’idea di tavola che mi piace". Parola di Stefano De Gregorio, 40 anni, fresco vincitore del campionato italiano dedicato alla pietanza tipica della Sicilia e del Nord Africa, testé premiato al Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo (Trapani). Uno chef da cous cous che tuttavia arriva da 1600 chilometri di distanza: Busto Arsizio.
Stefano De Gregorio, che ci fa un cuoco bustocco in Sicilia? "La mia cucina è tipicamente mediterranea. e il cous cous ha un’idea di base che mi piace: una volta era usanza, quando ci si diceva a tavola, avere la pastiera in mezzo, simbolo di quella convivialità che oggi si è un po’ persa. Ma che ritroviamo in questo piatto, che peraltro unisce, nella sua origine, diversi popoli".
Com’è la ricetta vincente? "L’ho chiamata “Viaggio in Sicilia’’. Sono partito da ingredienti tipici del territorio: gambero rosso di Mazara, usato totalmente fino alle teste mussinate con l’olio per realizzare un brodo di crostacei, fichi d’india, pistacchi di Bronte, finocchetto e limone candito, tutti del luogo. Unica variazione che mi sono concesso: il pepe agrumato di Timut, dal Nepal".
Ha sbaragliato concorrenti locali e convinto la giuria popolare del luogo. Temeva il loro giudizio? "Era come chiedere a un siciliano di fare un risotto in Lombardia. Il luogo di origine influenza sicuramente le idee a livello di sapori. Ma la mia interpretazione ha conquistato tutti".
Da domani “giocherà’’ nella nazionale italiana. In palio i mondiali di cous cous. "Le altre nazioni hanno già comunicato il loro piatto un anno fa. Per l’Italia siamo io e lo chef sanvitese Rocco Pace, che era in giuria. In questo momento ci stiamo “allenando’’: stiamo concordando il piatto per le fasi eliminatorie. Sabato ci sarà la finale".
Quali ingredienti metterete in campo? "È top secret. Diciamo che uniremo la tradizione e il mio concetto di cucina".
Torniamo a Busto. Quali attività segue? "Collaboro con l’associazione Unione italiana ristoratori, lavoro per tanti ristoranti, come “Tano passami l’olio’’ a Milano, offro consulenze per corsi ed eventi in locali e accademie, come “La Glassa delle fate’’ di Cardano al Campo".
Quali sono i suoi modelli? "Amo molto Igles Corelli, Tano Simonato e il maestro Machesi".
Il suo tipo di cucina? "Faccio per l’80 per cento pesce. Amo il pesce crudo in chiave mediterranea, giocato con salse fatte di frutta ed erbe mediterranee. E mi piace cucinare primi. Cerco di partire dalla nostra tradizone, da quei piatti classici nati nelle trattorie che hanno fatto la storia culinaria del nostro Paese".
Ma come si diventa cuochi mediterranei a Busto? "Sono nato qui, ma i miei sono molisani. Quand’ero piccolo, mia mamma cucinava tanto, la casa era sempre piena di amici e parenti. E di profumi del sud".
Progetti futuri? "Sto seguendo un percorso diverso rispetto a molti miei colleghi, che partono da un ristorante e poi inziano a girare. Ho scelto di non fermarmi in un posto perché sento ancora il bisogno di respirare colori e profumi. Questo è un mestiere dove non si finisce mai di imparare. Quando verrà il momento giusto, aprirò un piccolo ristorante con pochi coperti. Magari in riva al mare".