Coronavirus, gli infermieri di Cuasso si raccontano

L'ospedale da struttura d'emergenza all'accoglienza dei pazienti in via di guarigione: "Un'esperienza che chi ha uniti come non mai"

Le infermiere di Cuasso in prima linea

Le infermiere di Cuasso in prima linea

Cuasso al Monte (Varese), 7 maggio 2020 - L'ospedale di Cuasso ha vissuto l'emergenza in due modi: ai primi di marzo era stato individuato dall'Asst Sette Laghi come struttura destinata ad ospitare i pazienti Covid, poi una trasformazione compiuta in due settimana che ha portato al struttura ad  accogliere ad oggi 150 pazienti in via di guarigione. Il racconto di quesdta trasformazione arriva dalla voce del personale infermieristico in prima linea.  “Tra noi infermieri – racconta Marialuisa Pecora, coordinatrice infermieristica a Cuasso – c’erano sentimenti contrastanti: il dispiacere per il distacco da degenti con cui si era creata ormai una grande familiarità e che dovevamo trasferire in altre strutture, la paura di affrontare un nuovo percorso ad alto rischio e con molte incognite, l’entusiasmo per una nuova e responsabilizzante sfida professionale”.

Il 14 marzo sono iniziati i lavori strutturali per la creazione di pareti in cartongesso che avrebbero delimitato e protetto come una barriera la zona pulita cioè priva di virus, dalla zona filtro in cui avviene la vestizione e svestizione dagli elementi di protezione personale e la zona infetta dove ci sono i degenti e dove una volta entrato il personale esce solo a fine turno. “E' stata – continua la coordinatrice - un’esperienza di gruppo che ci ha unito come mai prima. Abbiamo utilizzato tutte le informazioni che avevamo a disposizione: protocolli aziendali, esperienze di altri ospedali già in attività Covid e soprattutto il supporto continuo e prezioso del team della Direzione Infermieristica con la dottoressa Tomasin e i dottori Gamberoni, Piffer, Banfi e Staffa.”

La mattina del 16 marzo venivano accolti a Cuasso i primi due pazienti provenienti da Bergamo.   “I primi quindici giorni nabbiamo lavorato in pochi. Dovevamo tarare il nostro livello di protezione per non esporre tutti ad eventuali contagi. Il grosso dei colleghi è rimasto a casa pronto a rientrare in caso di necessità. Quando abbiamo verificato che il sistema teneva, che il controllo in entrata e in uscita dalla zona filtro funzionava abbiamo cominciato a respirare. L’organizzazione del lavoro in doppio, uno dentro la zona infetta e uno fuori in parallelo è risultata efficace e i sentimenti di paura, distacco dalla famiglia e fragilità emotiva di questi pazienti sono diventati il nostro motore propulsivo”

Grazie all’impegno di alcune associazioni del Terzo Settore e non solo è stato installato un ripetitore per garantire la copertura telefonica e un sistema wi fi che copre tutto l’edificio. Sono arrivati anche tablet, smartphone e schede sim con cui vengono assicurati i contatti tra i degenti e le loro famiglie. Gara di solidarietà anche tra le aziende del territorio in supporto all'ospedale.

Accanto al reparto sub-intensivi è stato realizzato un reparto di sorveglianza per coloro che sono guariti ma non ancora negativizzati. Per questo al primo nucleo di operatori si sono affiancati altri Oss e infermieri in prestito volontario da altre strutture o con contratti a tempo determinato apportando nuove energie ed entusiasmo. “La gioia più grande – conclude Marialuisa  – è quando dimettiamo un paziente dopo la quarantena. L’abbraccio dei familiari che non vedeva da mesi, i ringraziamenti al personale, la commozione di tutti. Sono cose ci ripagano dei sacrifici".