LORENZO CRESPI
Cronaca

Biandronno, Beko annuncia 541 esuberi. A rischio anche gli impiegati

La proprietà fabbrica ex Whirlpool ha annunciato il taglio delle linee produttive dei frigoriferi. I sindacati: “Con questo piano muore un’intera provincia”

Un presidio dei dipendenti Beko fuori dalla fabbrica di Cassinetta di Biandronno

Un presidio dei dipendenti Beko fuori dalla fabbrica di Cassinetta di Biandronno

Biandronno (Varese), 25 novembre 2024 – Lo stabilimento Beko di Cassinetta di Biandronno è il più grande impianto produttivo di elettrodomestici in Italia, con circa 2.200 dipendenti, a cui se ne aggiungono altrettanti nell’indotto. Nel Varesotto si teme quindi per migliaia di posti di lavoro che dipendono direttamente dal futuro della fabbrica ex Whirlpool. All’ultimo tavolo ministeriale, la proprietà ha annunciato il taglio delle linee produttive dei frigoriferi, con 541 esuberi previsti dal 2026. Ma a Cassinetta sono a rischio anche gli impiegati, almeno 200.

“È un piano di distruzione industriale, è inaccettabile - commenta Gennaro Aloisio, segretario della Fim Cisl dei Laghi - con questo piano muore un’intera provincia. Non hanno presentato un piano industriale ma un piano commerciale”. Il 10 dicembre ci sarà il prossimo incontro con proprietà e Mimit. “Il Governo ha detto all’azienda di ripresentarsi con un piano occupazionale che possa dare futuro al nostro settore industriale. Noi - sottolinea Aloisio - non molleremo nulla, per tenere l’occupazione nel paese”.

Tra gli operai di Beko c’è chi come Gianpaolo Garzonio lavora a Cassinetta da 36 anni, proprio nella fabbrica di frigoriferi che è il settore più in difficoltà. “Ne ho viste tante di crisi - ricorda - ma questa è più grave ancora degli esuberi fatti nel 2000, quando tutto sommato siamo riusciti a gestirli. Ora è ancora peggio perché vuol dire chiudere una fabbrica, chiudere la produzione di tutti i frigoriferi, è gravissima la cosa”. A catena infatti rischia di cadere tutto il sito. “Senza i frigoriferi non esistono più neanche i microonde e le cucine, quindi vuol dire chiudere”.

Roberto Di Flora, da 34 anni in azienda, spera che non sia tutto perduto. “Penso che qualche margine di trattativa ci sia, le multinazionali sparano alto per poi magari fare qualche retromarcia anche di fronte alle proteste che gli operai stanno facendo in questi giorni”.