Covid, contagi e ricoveri salgono: "Un anno al vaccino di massa"

I dati in Lombardia: leggera flessione nel rapporto positivi-tamponi a quota 17%. L’esperto dell’industria farmaceutica: straordinaria mobilitazione per il risultato

Emergenza coronavirus

Emergenza coronavirus

Il virus è tornato a galoppare, i numeri dei contagi crescono esponenzialmente. In Lombardia nelle ultime 24 ore i nuovi positivi sono stati 7.339, un po’ meno dei 7.800 del giorno precedente. Cala, di poco, anche il rapporto fra i positivi e i tamponi (42.684 in tutto), a quota 17,1%. In terapia intensiva 345 malati, 53 in più. I ricoveri totali sono 283 in 24 ore, a quota totale 3.355. Ci sono stati altri 57 nuovi decessi. La speranza di trovare un vaccino contro il Sars-CoV-2 si è fatta, se possibile, ancora più serrata. Una corsa contro il tempo. Ognuno - Stati sovrani, organizzazioni sanitarie internazionali, mondo della ricerca scientifica e industria farmaceutica con la sua complessa filiera - sta facendo la propria parte per trovare un farmaco che possa contrastare un nemico invisibile ma maledettamente pericoloso. Non è affatto un compito facile perché introdurre un nuovo principio attivo, provato e sicuro, sul mercato - specialmente nel caso di una molecola complessa come un vaccino - è un processo lungo e molto delicato che normalmente richiede mediamente 10 anni di ricerca e sviluppo e fino a 2,5 miliardi di euro di investimento.

Milano, 30 ottobre 2020 - «Per arrivare a un nuovo farmaco ci sono essenzialmente due grandi fasi: la prima di scoperta e ricerca pre-clinica e la seconda di sviluppo clinico e approvazione. La prima fase richiede normalmente dai 3 e i 6 anni". A spiegarlo è Massimo Mainetti, direttore globale marketing e gestione prodotto alla Datwyler Pharma Packaging, specializzata nel confezionamento di farmaci iniettabili e che fa parte di un Gruppo svizzero che a Pregnana Milanese (Mi) e Montegaldella (Vi) ha due importanti siti di produzione. "Durante i primi anni di lavoro le aziende farmaceutiche si concentrano sull’aspetto bio-chimico del potenziale nuovo farmaco, per poi passare allo sviluppo pre-clinico con i test su cellule in vitro e in vivo. Quindi, una volta completato e superato il primo grande step iniziale, si può passare alla fase successiva, quella clinica, la più delicata in quanto coinvolge direttamente soggetti sia sani che malati".

A questa fase accede solo il 2% delle molecole che hanno concluso la fase pre-clinica, a conferma di quanto sia lunga e rischiosa la strada che porta alla scoperta di un nuovo farmaco. "I test clinici si dividono in tre sotto-fasi, nelle quali si aumenta gradualmente il numero di volontari coinvolti. Tre gli obiettivi: verificare la sicurezza del farmaco, la sua efficacia e il suo corretto dosaggio su un numero statisticamente significativo di persone. Questa è anche la fase più lunga e costosa del processo con tempi medi di 5-7 anni e costi tra un miliardo e 2,5 miliardi di euro". Concluse e superate queste tre fasi, la nuova molecola ora è pronta per essere sottoposta all’approvazione degli enti regolatori: negli Usa la Fda (Food and drug administration) mentre in Europa l’Ema (European medicines agency) e le varie autorità locali (l’Aifa in Italia). "In media solo il 20% delle molecole in sviluppo clinico viene approvata dagli enti regolatori e solo a seguito di un’attenta e scrupolosa attività di verifica che richiede di solito un anno di lavoro. Solo quando la molecola ottiene l’approvazione può essere immessa sul mercato".

Oggi l’emergenza mondiale impone che questo lungo e tortuoso processo venga rivisto e ridotto drasticamente nei modi e nei tempi. "Si stima che la domanda mondiale di vaccini per Covid-19 si aggirerà intorno ai due miliardi di dosi all’anno e di conseguenza tutta la filiera farmaceutica sta lavorando per farsi trovare pronta – spiega Mainetti –. La nostra azienda collabora attivamente ormai da febbraio con tutte quelle che, in giro per il mondo, stanno sviluppando un vaccino per il Covid-19. Lo sforzo è davvero impressionante: servono nuove linee di produzione per i vaccini, nuove linee di riempimento, materiali sterili per il confezionamento, una logistica più rapida e organizzata. Tutto questo richiede scelte rapide e ingenti investimenti privati a fronte di variabili difficili da calcolare. Senza contare peraltro l’enorme responsabilità sociale di tutte le aziende coinvolte, compresa la nostra, che si troverà a dover fornire il confezionamento primario (quello a diretto contatto con il medicinale) per un farmaco così decisivo". Molti governi intanto hanno già firmato in anticipo accordi con alcune grandi aziende farmaceutiche per assicurarsi sufficienti dosi. L’Italia a giugno ha sottoscritto, insieme a Germania, Francia e Olanda, un contratto con la multinazionale AstraZeneca per il vaccino a cui sta lavorando insieme all’Università di Oxford per di 400 milioni di dosi.

«Al momento in tutto il mondo ci sono ufficialmente 154 vaccini in fase pre-clinica e 44 in sviluppo clinico. Dieci di questi ultimi hanno ormai raggiunto Fase III (quella finale), in primis quello dell’americana Pfizer che, come pubblicamente annunciato dal suo Ceo, a fine novembre consegnerà il dossier per cominciare l’iter autorizzativo di urgenza presso l’Fda americana. Una volta approvato però il vaccino andrà prodotto in grandi volumi, confezionato e distribuito e tutto ciò richiederà altri mesi. Quindi, anche nella migliore delle ipotesi si stima che le prime dosi il primo vaccino non saranno disponibili per tutti, su larga scala, prima dell’autunno 2021". La maggior parte delle aziende farmaceutiche con vaccini in fase finale di sviluppo, si concentra tra Usa, Cina, Europa, ed è inutile negare che dietro alla corsa al vaccino, sotto traccia, si stia anche consumando una delicata partita nello scacchiere internazionale: lo Stato in cui per primo si arriverà ad approvare, produrre e distribuire il vaccino, avrà anche un enorme leva geopolitica nelle mani.