GIULIANA LORENZO
Sport

La nuova sfida di Gabriele: "Il mio sogno paralimpico"

Otto anni fa un incidente d’auto ha cambiato la vita del milanese Albini "Mi sono rimesso in gioco con la scherma cominciando a credere in me stesso".

Otto anni fa un incidente d’auto ha cambiato la vita del milanese Albini "Mi sono rimesso in gioco con la scherma cominciando a credere in me stesso".

Otto anni fa un incidente d’auto ha cambiato la vita del milanese Albini "Mi sono rimesso in gioco con la scherma cominciando a credere in me stesso".

Otto anni fa, la vita del milanese Gabriele Maria Albini è cambiata. Un incidente frontale in macchina l’ha relegato in carrozzina. Dopo lo shock iniziale e varie operazioni, con una frattura della spina dorsale a livello lombare, ha ripreso con la scherma. Tra una stoccata e l’altra, con il sostegno dell’Accademia Scherma Milano, ha ritrovato fiducia e voglia di sognare in grande. È reduce dal titolo italiano nella sciabola… "È una grande soddisfazione. Avevo già fatto gli “assoluti“ ma non ero mai riuscito ad arrivare primo o secondo. È gratificante per i miei allenatori. Ora, punto alla Coppa del Mondo e ad entrare in nazionale: sono “invitato“ ai collegiali, ma non sono convocato per le tappe di Coppa. Potrei andare a mie spese, è dispendioso".

Cosa le manca per entrare in Nazionale?

"Raggiungere una forma ideale a livello fisico e esperienza in Coppa. Tecnicamente non sono lontano dai convocati, la vittoria agli italiani lo dimostra".

Come è arrivato alla scherma?

"All’età di 5-6 anni, l’ho provata a scuola: all’epoca non avevo la disabilità. Mi ero avvicinato grazie ad una prova della scuola Mangiarotti: ho continuato per 5 anni, di cui i primi 2 di fioretto e altri 2, ma di spada, al Piccolo Teatro prima e poi alla Società del Giardino. A 12 anni ho smesso, preferivo calcio e sci. Ho ripreso dopo l’incidente che ho avuto a 16 anni, nel 2017. È stato un grande momento di stacco dopo un cambiamento drastico sotto qualsiasi punto di vista. Fino al 2020 ho continuato la fisioterapia e mi allenavo in palestra senza fare un vero e proprio sport. Dopo la pandemia sentivo la necessità di praticare una disciplina diversa: mi piaceva il contatto… l’agonismo. E sono andato all’Accademia Scherma Milano. Mi trovo bene, è un bell’ambiente, vario. Ci sono ragazzi che fanno scherma in piedi, ciechi e paralimpici".

Com’è il confronto con chi ha altre disabilità e chi non le ha?

"È un modo per mettersi in gioco. Con chi non ha disabilità è ancora più stimolante: mi metto in testa di voler vincere e voglio dimostrare che sulla carrozzina da scherma sono il più forte. A livello paralimpico, si allena molto il braccio e la precisione, cosa che in pedana viene sovrastata dalla potenza fisica".

Che ruolo ha avuto lo sport? "Dopo l’incidente pensavo di non avere più le capacità fisiche e avevo preferito lo studio. Ho cominciato il corso di Medtech all’Humanitas e al Politecnico che consiste in una doppia laurea in medicina e ingegneria biomedica. Insieme ho iniziato un cammino dallo psicologo e poco dopo ho ripreso scherma che mi ha dato una grande spinta. Durante il periodo ospedaliero ero in un ambiente abbastanza protetto, in cui ti confronti con persone che hanno avuto esperienze simili. Lì mi sentivo a mio agio, non volevo ammettere a me stesso di star male. Sono riuscito a finire l’anno scolastico, ho ripreso con la vita e ho visto che i miei amici erano andati avanti. La parte difficile è stata accettare una condizione fisica cambiata".

La scherma che valore ha? "È la mia vita. Lo sport ti permette di metterti in gioco. Lo studio e lo sport sono due sogni che crescono insieme. Laurearmi e andare ai Giochi Paralimpici sarebbe il massimo".

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