CRISTIANA MARIANI
Sport

Italia fuori dai Mondiali, ora gli oriundi sono un problema

Record di giocatori stranieri naturalizzati italiani in campo contro la Macedonia del Nord

Emerson Palmieri nella partita contro la Macedonia del Nord

In principio erano Josè Altafini e Omar Sivori, calciatori che quasi dormivano con il pallone e che all'Italia hanno regalato molte più gioie che dolori. Che dire poi di Angelillo? Classe sopraffina e grinta da vendere. Quello degli "oriundi", ovvero calciatori stranieri che in qualche modo sono stati naturalizzati italiani vestendo poi la maglia della Nazionale italiana di calcio, non è però un affare solo del passato. Basti pensare a quel Mauro German Camoranesi che ha rinunciato all'Argentina per poi vincere i Mondiali nel 2006 con l'Italia. Grande soddisfazione per lui, ma delizia per gli occhi dei tifosi vederlo giocare. Sino alla naturalizzazione di Camoranesi, questo concetto era stato per molti anni abbastanza un tabù per il calcio italiano

. Per anni nessun giocatore non nato in Italia ha potuto vestire la maglia azzurra dopo i tempi di Altafini e Sivori. E così è stato per qualche anno anche dopo Camoranesi. Quando poi è arrivato una sorta di "sblocco" e quindi ecco le naturalizzazioni di Eder, Thiago Motta e le più recenti di Jorginho, Toloi, Emerson Palmieri. Sino all'ultima, ovvero quella di Joao Pedro. Nella scellerata partita contro la Macedonia del Nord persa per 1-0 dagli Azzurri che ha fatto uscire l'Italia dalle qualificazioni ai Mondiali sono stati ben tre gli "oriundi" in campo contemporaneamente: Jorginho, Joao Pedro ed Emerson Palmieri. Nessuno dei tre determinante. E nessuno dei tre, va riconosciuto, con le qualità per essere determinante in una gara da "dentro o fuori". Che il fattore "naturalizzazioni" sia sfuggito di mano al mondo del calcio italiano è palese - già l'inclusione di Eder era decisamente "tirata per i capelli" quanto a necessità della Nazionale azzurra di averlo fra i propri elementi - così come è manifesta la necessità di cambiare marcia in Italia sin dai settori giovanili. Se un calciatore straniero è più bravo degli altri e ha la possibilità di diventare italiano è giusto che una Federazione faccia il possibile per averlo nella propria rappresentativa, sia chiaro. Ma se si inizia ad eccedere, allora significa che è l'intero movimento calcistico nazionale a livello giovanile ad avere qualche problema nel formare promesse che poi possano diventare calciatori migliori della media. E in questi quattro anni che ci separano dai prossimi Mondiali forse sarebbe il caso che il calcio italiano rifletta su se stesso e, soprattutto, sulle proprie fondamenta: i settori giovanili.