Carlo Tavecchio: da Ponte Lambro alla Figc. Il caso Opti Poba e il flop mondiale 2018

La lunga carriera del dirigente sportivo: con lui alla guida della Federazione la Nazionale mancò la qualificazione per la seconda volta nella sua storia. Nel suo mandato, però, anche tante riforme

Giampiero Ventura e Carlo Tavecchio: la coppia del flop mondiale 2018

Giampiero Ventura e Carlo Tavecchio: la coppia del flop mondiale 2018

Nemmeno tre anni, eppure così densi di eventi e polemiche da far lasciare a Carlo Tavecchio, il dirigente sportivo morto questa notte a 79 anni, una traccia profonda nel mondo del calcio italiano. L'ex dominus di Ponte Lambro, il paese dell'Alta Brianza incastrato fra Como e Lecco che guidò da sindaco per quasi 20 anni, è stato al vertice della Figc, la Federazione italiana gioco calcio dall'agosto del 2014 al novembre del 2017. Si dimise in seguito alla prima Caporetto del pallone tricolore nell'era contemporanea: la mancata qualificazione ai Mondiali del 2018 da parte della Nazionale guidata da Giampiero Ventura, l'allenatore ligure che proprio Tavecchio aveva scelto come commissario tecnico azzurro. 

L'esperienza in Figc

La sua scalata nelle gerarchie del football italiano ha radici nell'impegno all'interno degli organismi di gestione del mondo dilettantistico e giovanile. Nel 1999 corona una rincorsa iniziata con gli incarichi nella Pontelambrese, la squadra del paese di cui è sindaco (sostenuto da liste civiche vicine alla Democrazia cristiana): viene eletto presidente della Lega nazionale dilettanti. Da qui parte una carriera interna affrontata con "passo da alpino" e attenzione a coltivare i rapporti con gli ambienti che contano. Nel 2007 è vicepresidente della Figc, nel 2009 aggiunge la qualifica di vicario. Intanto fa da consulente al ministero della Finanza per le questione tributarie legate allo sport giovanile, si guadagna la fiducia della Uefa come membro effettivo della commissione per il calcio dilettantistico e scrive un libro dedicato alla nipote Giorgia dal titolo "Ti racconto...il calcio".

Il caso Opti Poba

Nella primavera 2014, dopo le dimissioni di Luigi Abete, Tavecchio fa il grande passo e si candida a guidare la Federcalcio. E' forte dell'appoggio di 18 club di serie A, conquistati dal suo volto bonario e dai propositi di riforma del sistema, ma incappa subito in uno scivolone. E l'Opti Poba affaire, che rischia di costargli l'addio alla corsa per la poltorna di numero 1 della Figc. Opti Poba è il primo caso di giocatore inventato che diventa più famoso di parecchi calciatori in carne e ossa. A "schierarlo" in campo è proprio Tavecchio, durante un intervento all'assemblea dei dilettanti. Parlando degli atleti stranieri il candidato alla presidenza si lascia scappare una frase dal contenuto razzista. 

Il dirigente sta paragonando i sistemi britannico e italiano di arruolamento di calciatori esteri. Il tackle è fuori tempo, l'autogol parrebbe irrimediabile: "Noi invece diciamo che 'Opti Poba' è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così". Apriti cielo. Diluviano - legittimamente - le polemiche. E i meme con le maglie biancocelesti della Lazio su cui campeggia il nome di Opti Poba. I presidenti dei sindacati di calciatori e allenatori - Damiano Tommasi e Renzo Ulivieri - chiedono il ritiro della candidatura. I sostenitori di Tavecchio, però, fanno quadrato. "Non è razzista", dicono Galliani e Beretta. Lui si scusa. 

L'elezione a presidente

La Figc apre un'inchiesta su sollecitazione della Fifa. Gli accertamenti non portano a nulla. A quel punto Tavecchio - nel favore del quale si sono esposti i presidenti delle leghe di serie A, B e C - ha la strada spianata verso l'elezione. Nel luglio 2014 supera l'ex centrocampista Demetrio Albertini, raccoglendo il 63,63% dei voti. Diventa così presidente della Figc.

S'insedia dopo il flop azzurro ai Mondiali del 2014, con l'uscita al primo turno della Nazionale guidata da Cesare Prandelli, eliminata fra le polemiche in un girone che non pare irresistibile. Tavecchio chiama sulla panchina dell'Italia Antonio Conte, sull'onda dei successi conquistati con la Juventus. L'Italia rispecchia il carattere del suo nuovo numero uno: tutta grinta, nonostante una caratura tecnica non eccezionale. Agli Europei del 2016 gli azzurri arrivano ai quarti di finale, venendo estromessi dalla competizione solo ai calci di rigore dalla Germania. L'avventura di Conte, però, è già finita: l'ex mezzala bianconera vola a Londra, per allenare il Chelsea.

Tavecchio a quel punto cambia rotta: dal sergente di ferro Conte si passa a Giampiero Ventura, un "papà" votato al dialogo. Va male. L'Italia manca l'approdo ai Mondiali del 2018 in Russia: arriva seconda nel girone vinto dalla Spagna (e ci può stare), poi perde lo spareggio con la Svezia praticamente senza tirare mai in porta. Salta il tappo. Ventura esce di scena dopo un lungo tiremolla sulle dimissioni. Non le presenterà mai e tocca alla Figc cacciarlo. Con lui abbandona anche Tavecchio, nel frattempo rieletto dopo aver battuto di misura il candidato rivale, l'attuale ministro dello Sport Andrea Abodi. Nel 2021 rientra sulle scene, con un personale "ritorno al futuro": viene eletto alla guida della Lega nazionale dilettanti, che comanda fino alla morte. Da qui fa in tempo ad assistere, stavolta da spettatore, alla replica del disastro del 2018: l'Italia di Mancini, reduce dal successo agli Europei, stecca con la Macedonia del Nord e dice addio ai Mondiali in Qatar. Ma questa è un'altra storia.

Il profilo riformista

In mezzo a un percorso costellato da gaffe, però, l'ex sindaco di Ponte Lambro ha saputo accreditarsi per un profilo riformista che ha apportato alcune modifiche in un mondo apparso più di una volta timido nell'accogliere le novità: il tetto alle rose con indicazioni precise sul numero di italiani e provenienti dal vivaio, le norme sul fair play finanziario e il lancio dei centri federali. Ma, soprattutto, l'introduzione del Var. Resterà solo un'idea vagheggiata l'ipotesi di riduzione della serie A a 18, un dimagrimento mai digerito in Lega Calcio ma che ancora oggi sembra quanto mai necessario, anche alla luce dei recenti campionati.