TOMMASO REVERA
Sport

Alice delle meraviglie

La judoka Bellandi: "Praticare sport vuol dire essere felici" .

Alice delle meraviglie
Alice delle meraviglie

Agli Europei di Judo che si sono disputati nei giorni scorsi a Montpellier ha conquistato la medaglia d’argento nella finale dei -78 kg. Un riconoscimento prestigioso per la nostra judoka Alice Bellandi anche se quell’atterramento subìto nei minuti finali dalla tedesca Alina Boehm è ancora indigesto… "Per come stava andando l’incontro aspiravo ad altro ma è pur sempre una medaglia e ce la teniamo stretta".

Come è nata la sua passione per il judo?

"Casualmente. Ero una bimba molto vivace e, ai tempi dell’asilo, la mamma di un compagno che aveva iniziato a cimentarsi con questa disciplina ne era così entusiasta che lo suggerì anche a mia madre".

Sin dai primi passi sul tatami è stato amore a prima vista. È uno sport che si addice al suo carattere?

"Assolutamente sì, ha sempre rispecchiato il mio modo di essere. Mi ha insegnato tanto e grazie al judo sono riuscita ad incanalare la mia energia per esprimermi meglio".

Programmi all’orizzonte?

"I giochi olimpici di Parigi 2024 sono ancora lontani. Ora penso a riposarmi, a ricaricare le pila e a prendermi del tempo per me".

Ha un rapporto speciale con il suo allenatore Antonio Ciano, sbaglio?

"No, è così. Siamo partiti male, non da 0 ma da -1 per alcuni problemi a causa dei quali nemmeno ci parlavamo. Prima delle Olimpiadi di Tokio del 2020, però, venne a parlarmi e da lì abbiamo iniziato a riavvicinarci. Dopo tre anni di ‘assestamento’ ora siamo molto uniti, abbiamo cambiato vicendevolmente i nostri approcci e comunichiamo diversamente per cui siamo una bella squadra".

Per ambire ai suoi livelli bisogna fare molti sacrifici?

"È una vita che devi essere disposto a fare, in tutto e per tutto, in particolare perché è breve e perché ogni lasciata è persa. Finché c’è un obiettivo ben chiaro in testa, non è giusto parlare di sacrifici quanto di piacere".

Cosa consiglierebbe alle giovani che intendono approcciarsi al judo?

"Prima iniziano e meglio è. È uno sport molto tecnico e certe basi le acquisisci quando sei bambino. Il consiglio è tener sempre presente che ogni percorso è diverso ma la cosa che può accomunare tutti i percorsi è che non bisogna mai perdere la felicità ed il piacere di praticare questo sport. Il resto viene da sé".

Come supera i momenti di difficoltà?

"Ne ho vissuti diversi di periodi complicati soprattutto il quadriennio scorso. Fanno parte del percorso di noi atleti. Via via maturando ho imparato a gestire me stessa e, anche grazie al prezioso supporto della mia mental coach, ho imparato ad affrontare meglio i problemi con cui ogni tanto convivo. Mi sta insegnando a camminare perché, come dice, ognuno di noi dispone degli strumenti per fronteggiare situazioni spiacevoli: bisogna sapere come utilizzarli".

Quest’estate è stata protagonista di un’iniziativa di sensibilizzazione contro i tabù femminili. Cosa l’ha spinta ad aderire?

"Il ciclo mestruale non deve essere un ostacolo per le sportive. Anche nel mio sport c’è un po’ di machismo per cui ho aderito di buon grado perché ritengo siano tematiche per cui spendersi in prima persona. Siamo umane, siamo donne, abbiamo il ciclo e proviamo dolore: non c’è nulla di male".

Per la sua percezione il judo si sta ritagliando l’attenzione che merita nel nostro Paese?

"Penso che siamo ancora al paleolitico, in Italia soprattutto. Ora come ora non posso negare di percepire la giusta attenzione (anche se, ad onor del vero, quando vado in giro nessuno mi riconosce) ma è quando sei un gradino sotto che desidereresti la stessa considerazione".

C’è un bel rapporto anche con le sue colleghe?

"Assolutamente, c’è un grande affiatamento. Non c’è competizione: siamo tutte sulla stessa barca e condividiamo lo stesso obiettivo. Se siamo arrivate a conseguire certi risultati è lo stimolo che come squadra ci siamo date".

Brescia le manca?

"Moltissimo, è la città dove sono nata e cresciuta. Tornerò presto perché Brescia è la mia casa".