Tullio De Piscopo: "Con le bacchette ho fatto miracoli"

Il batterista sul palco del Teatro Sociale di Busto Arsizio per la rassegna Eventi in Jazz

Il batterista Tullio De Piscopo

Il batterista Tullio De Piscopo

«Ma quanto mi deve il jazz?» si chiede Tullio De Piscopo, riflettendo sui come e i perché di una vita spesa dietro ai tamburi. "Per farmi fare il militare, i carabinieri mi vennero a prendere addirittura sotto al palco di un concerto in quel di Mestre, minacciando la renitenza alla leva". Fu spedito nei bersaglieri e da quel momento s’è abituato a prendere la vita a piè veloce. Stasera il batterista napoletano trapiantato sul Naviglio Grande è in scena al Teatro Sociale di Busto Arsizio, per varare in Trio con Dado Moroni e Rosario Bonaccorso l’edizione 2022 di Eventi in Jazz. "Quando arrivai a Milano la gente mi guardava dall’alto in basso, ma sono riuscito a farmi valere. Chi l’avrebbe detto, infatti, che quell’ex scugnizzo sporco di Porta Capuana, con due pezzi di legno in mano, sarebbe diventato il più grande?".

Una bella rivincita.

"Con quei due pezzi di legno ho fatto tutto. Il segreto? La personalità. Quando suona Tullio, si riconosce. Ma ho sofferto tanto per arrivare dove sono arrivato. Notti insonni, viaggi lunghissimi in auto, E poi c’era la nebbia. Quando suonavo col contrabbassista Marco Ratti, ricordo di averlo fatto scendere più volte a fare da battistrada; io dietro a seguirlo sull’auto toccando i 5 chilometri l’ora".

Con Dado Moroni e Rosario Bonaccorso com’è cominciata?

"Ho conosciuto Moroni a Genova nella seconda metà degli anni Settanta, in occasione di un concerto con Franco Cerri. Aveva 14 anni e venne accompagnato dal papà. Facemmo un pezzo assieme e folgorò entrambi, tant’è che due anni dopo sia io che Franco partecipammo al suo primo disco. Iniziai a farlo suonare con Chet Baker, Johnny Griffin ed altri colossi del jazz. Nel 1981, in quartetto con Franco Ambrosetti e Niels-Henning Ørsted Pedersen, partecipai pure al suo secondo album ‘Blusology’. Due anni fa con Dado e Bonaccorso ci siamo ritrovati in questo Trio nato dal desiderio di omaggiare il nostro fratello in blues Pino Daniele".

Oltre a Pino, quali sono i musicisti che occupano un posto di primo piano nei suoi ricordi?

"Con Astor Piazzolla ho inciso dieci long playng, dando il mio ritmo al "nuevo tango" di "Libertango". Ma fatto cose importanti pure con Gerry Mulligan e con Quincy Jones".

Insegna batteria al Nam di Milano. I giovani oggi hanno le stesse motivazioni di quando ha iniziato a suonare lei?

"Quando dormivo con mio fratello Tonino nel lettino accanto a quello dei nostri genitori, mi capitava spesso di sentirli lamentarsi dei sacrifici da fare per arrivare a fine mese. Così mi stringevo al petto l’album ‘Percussion bitter sweet’ di Max Roach e, baciandolo, fantasticavo un’altra vita. Per il cacciatore di sogni d’allora, facile immaginarsi cosa significò ritrovarsi a suonare nel 1989 con Roach in carne ed ossa e agli altri 12 più grandi percussionisti del mondo sul palco del Festival Jazz di Bologna. Ecco, ai ragazzi di oggi forse manca un po’ il sogno".