Ivana Spagna, 11 milioni di dischi "Altro che Los Angeles, meglio il lago"

La regina della dance ha scelto Como come suo buen retiro: "Fra il cemento cittadino, soffoco...". Con le sue gatte e le sue anatre ha trovato la dimensione giusta. E prepara l’ennesima sfida in carriera

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di Andrea Spinelli

La “Easy Lady” della dance ha un sogno lariano. Realizzato. Undici milioni di dischi venduti non hanno dissuaso Ivana Spagna dallo sfuggire alla metropoli per trovare il suo buen retiro sul Lago di Como e trovare così il modo di vivere ad un’altra intensità.

Quando ha scelto di vivere a Como?

"Vent’anni fa. Rientrata a Milano, dopo aver vissuto per due anni a Los Angeles, mi sono trovata circondata dal cemento. Così ho ripensato alla mia gioventù a Valeggio sul Mincio, in quei grandi spazi di cui sentivo la mancanza. E a quel contatto con la gente necessariamente allentato dalla grande città. Venendo da un paese sull’acqua, fatale o quasi che m’innamorassi di un lago che mi piace pure quando piove".

Controindicazioni?

"Se il sabato e la domenica, o in estate, devo prendere l’aereo, mi tocca partire due ore prima del solito perché le strade sono intasate. Per il resto è una dimensione bellissima, che vivo assieme ai miei gatti e alle mie anatre".

La casa familiare di Valeggio ce l’ha ancora?

"Sì, ora ci va a vivere mio fratello Teo. Io non potrei, perché piena di memorie; non riesco ad allentare il ricordo di quando ci vivevamo coi nostri genitori in un clima di felicità che nel corso della vita non ho più ritrovato. E sì che di tentativi ne ho fatti, procedendo pure ad una completa ristrutturazione degli ambienti. Mi scoprivo a piangere troppe volte per rimanere lì".

Problema risolto?

"Ho un’anima sentimentale e tormentata, ma in questa dimensione comasca riesco a dividere la mia vita tra un lavoro che amo e i miei animali. Che amo altrettanto".

Vive in un posto speciale.

"Ho scoperto di abitare nella villa dell’editore Giulio Ricordi. O meglio, in una parte di Villa Da Riva, costruita a Blevio sul finire del 1790 e ristrutturata nel 1870. Un posto dove sono passati artisti come il soprano Giuditta Pasta o lo stesso Puccini. Quando mi ci sono ritrovata per la prima volta ho capito che, dopo tanto peregrinare, era il luogo posto per fermarsi".

I “fantasmi” si avvertono?

"Non so se si possa parlare di fantasmi, ma una certa energia la sento. Sono convinta che con la morte se ne va solo la materia. Sul mondo dell’insondabile ho scritto pure un libro intitolato ‘Sarà capitato anche a te’ in cui elenco gli eventi particolari in cui sono incappata nella vita a cui non ho saputo dare una spiegazione logica".

Sogni chiusi a chiave in qualche cassetto?

"Mi sarebbe tanto piaciuto recitare. Magari in un film amato tantissimo come ‘L’ultimo Samurai’. Altro sogno, creare un grande ricovero per animali randagi e abbandonati".

Sotto il profilo lavorativo, vivere a Como invece che a Milano cosa cambia?

"Indubbiamente l’aeroporto è più lontano e così il centro focale del mio lavoro, ma ne guadagna la qualità della vita. Il privilegio di affrontare le cose in una dimensione rilassata. Da qualche tempo ho iniziato a dare valore a tutte le cose che mi capitano".

Pure il lavoro è cambiato.

"Non essendo un emergente con la pressione di pubblicare nuova musica di continuo, posso gestire i tempi come credo, facendo anche scelte anomale come m’è capitato un paio di anni fa con la cover di ‘Have you ever seen the rain’ di John Fogerty che parla della diossina sparsa dagli americani in Vietnam durante la Guerra".

Qual è stato l’ultimo progetto?

"Ho da poco collaborato con Ivan Granatino, rapper napoletano emergente molto bravo".

E il live?

"In questi due anni ho lavorato abbastanza, ma non in tour. Ora finalmente ho ricominciato a girare l’Europa. Un tempo ero sempre in volo, poi ho sognato di precipitare ed è cominciata l’ansia. Ma non posso vivere preda delle mie paure e così ora sto per accettare una serie di date in Sudamerica. Bello lavorare in studio, ma senza pubblico non saprei stare".