Chicago, la cattiveria è pop: "Il mio circo spietato e reale"

Chiara Noschese: "Qui la notorietà esplode quanto più estremo è il crimine. Da fan di Shakespeare, il mio sogno è quello di dirigere una sua commedia".

Chicago, la cattiveria è pop: "Il mio circo spietato e reale"

Chicago, la cattiveria è pop: "Il mio circo spietato e reale"

MILANO

“Chicago”? Per Chiara Noschese, regista e attrice della versione in scena al Nazionale fino al 28 gennaio, è "uno specchio grandguignolesco del nostro tempo". Anzi, "un circo eccessivo e irriverente, privo di etica e carico di intrighi, dove la notorietà esplode quanto più estremo è il crimine" come lo racconta nelle note di regia addentrandosi tra i come e i perché di uno tra i più rappresentati classici del musical. Firmato da tre autori di prim’ordine come John Kander per le musiche, Fred Ebb per i testi e Bob Fosse per le coreografie, lo spettacolo ha impennato le quotazioni in tutto il mondo nel 2002 grazie al film di Rob Marshall con Renée Zellweger, Catherine Zeta-Jones, Richard Gere e John C. Reil e alle sei statuette incamerate nella Notte degli Oscar. Uscita nel ’75, la storia di sesso, sangue e soldi ambientata nella Chicago dei ruggenti anni ’20, ha avuto all’inizio un successo marginale, trovando la strada della popolarità con l’edizione del 1996, che gli ha permesso di essere rappresentato in 36 Paesi incassando 6 Tony Awards, 2 Olivier Awards, un Grammy. Questa versione prodotta da Stage Entertainment con Stefania Rocca, Giulia Sol, Brian Boccuni, Cristian Ruiz, Luca Giacomelli Ferrarini e Chiara Noschese nei panni della corrotta guardia della Cook County Jail Matron “Mama” Morton ha debuttato al Nazionale a inizio ottobre ed è appena tornata a Milano dopo un primo tour nei teatri italiani.

Chiara, lo spettacolo cambiato un po’ rispetto al debutto di due mesi e mezzo fa?

"Il fatto che ne sia parte impedisce che si areni: tant’è che, replica dopo replica, molte cose del Billy Flynn di Boccuni le ho cambiate e così pure di Amos Hart di Ruiz o della stessa Velma Kelly interpretata da Stefania. Quindi uno spettacolo in progress, dinamico, in divenire".

Questo suo “Chicago - Il Musical” è ambientato in un circo.

"Nello spettacolo chi la fa più brutta, più sporca, più marcia vince, il crimine paga ed è tristemente in sintonia col periodo storico che stiamo vivendo, in cui finire sulle prime pagine dei giornali o diventare virali nel web sembra essere la prima delle necessità. Fin dall’inizio in scena c’è una serie di delitti efferati, tutti sotto al tendone di questo pseudo-circo".

Il pubblico reagisce ovunque allo stesso modo?

"Ogni città si rapporta a ‘Chicago’ a suo modo. Ecco perché non vedevamo l’ora di tornare a Milano. Perché il Nazionale è la ‘casa’ dello spettacolo. E perché il suo pubblico ha una attenzione, una curiosità molto funzionale alle dinamiche di uno spettacolo così. Una platea ‘alleprata’ come la chiamo io".

Nella sua esperienza di attrice e regista “Chicago” che ruolo ha?

"È probabilmente lo spettacolo più difficile che abbia mai portato in scena. Perché non è buonista, pacificatorio, ma racconta le cose in maniera cruda, diretta. È raro incontrare storie in cui non ci si affeziona ad alcun protagonista perché sono tutti brutti, sporchi e cattivi, come in questa. Personaggi venali, spietati, fra cui a salvarsi, forse, è il solo Amos, con cui il pubblico finisce inevitabilmente per provare una certa simpatia".

Questo cos’ha comportato nelle sue scelte registiche?

"Mi ha spronata a renderlo intrattenimento fruibile, colorato, violento, veloce, bello da vedere. Con protagonisti portatori di una cattiveria affabulatrice, empatica. Un po’ più pop...".

È stata dura rinunciare, per ragioni di diritti, alle coreografie di Bob Fosse?

"Nonostante il coreografo Franco Miseria sia un cultore di Fosse, l’ho spronato ad andare oltre e a creare qualcosa di più contemporaneo di quanto non avesse fatto lui nel 1975. Siamo andati appresso al racconto".

Cosa c’è per lei oltre a questo musical?

"Da fan accanita di Shakespeare e di Čechov, il mio grandissimo sogno sarebbe quello di dirigere una commedia del Grande Bardo di Stratford-upon-Avon. Magari ‘Molto rumore per nulla’. Nessuno finora me l’ha chiesto, però. E, se continua così, mi sa che prima o poi deciderò di produrmelo da sola".

Andrea Spinelli