ANNA MANGIAROTTI
Economia

Il direttore del Museo della Scienza: "Fare cultura comporta dubbi, errori ma anche capacità di riprendersi: meno ideologie, più competenze"

Al timone da quasi 23 anni di un polo di successo che nel 2023 ha attirato oltre 580mila presenze "Il Terzo Paradiso Milano può costruirlo in periferia, sanando il contrasto tra natura e tecnologia".

Il direttore del Museo della Scienza: "Fare cultura comporta dubbi, errori ma anche capacità di riprendersi: meno ideologie, più competenze"

Il direttore del Museo della Scienza: "Fare cultura comporta dubbi, errori ma anche capacità di riprendersi: meno ideologie, più competenze"

C’è a Milano, dalle parti di San Vittore (la Basilica, non il carcere), una strada che porta “oltre le ideologie, attraverso le idee”. S’imbocca al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. A percorrerla, si sono presentati l’anno scorso in 580.000. Al traffico sovrintende il milanese Fiorenzo Marco Galli, classe 1955, laurea in Politica Economica e Finanziaria, passato da imprenditore nell’azienda elettromeccanica di famiglia. Del Museo è direttore generale.

Da quanti anni?

"A luglio saranno 23 anni. Da quando il Museo si è trasformato da ente pubblico in fondazione privata".

Come trasmette l’esperienza ai suoi studenti di Museologia Contemporanea in Statale?

"Nel 2007 mi sono inventato un corso di 16 lezioni che ora si tengono dentro al Museo, con la testimonianza dei professionisti che ci lavorano. Educazione non “frontale“, ma “informale“, “mettendoci le mani sopra“. Non facile, all’inizio, far uscire i ragazzi dalle aule. Esami scritti a mano. Boccio chi fa errori d’italiano, qualcosa in più a chi ha una bella grafìa".

Ma lei, come direttore, ha commesso errori?

"Come chiunque si occupa della cura del fuoco, non del culto della cenere".

Prego?

"L’immagine è del musicista Gustav Mahler, riferita a chi si occupa di ogni forma di cultura, impegnato ogni giorno a gestire la responsabilità di organizzazioni. La nostra, molto dinamica: cento persone a tempo pieno, più 65 giovani “a chiamata” tra i 22 e i 25 anni; il nostro primo capitale è quello umano".

Ed errare è umano.

"Anche fare cultura, darsi un’organizzazione per vivere meglio. Il lavoro intellettuale comporta dubbio, errore, fallimento, ma soprattutto la capacità di riprendersi. Sintesi dell’amico Antonio Calabrò, presidente del comitato scientifico del Centro Studi Grande Milano: il think tank più attivo e fertile oggi sul territorio".

Quindi, gli buttiamo lì una grande sfida: come mantenere Milano competitiva con le aree più dinamiche del mondo, tutelando sicurezza, ambiente, mobilità, reddito dignitoso?

"Affrontarli per il bene comune è compito della buona politica e della buona pubblica amministrazione sempre meno caratterizzata dalle ideologie e sempre più dalle competenze. Responsabilità enorme, che non prevede il prevalere di schieramenti corporativi".

Sapere. Fare. Saper fare…

"Completiamo: “...Scienza e Tecnologia come strumenti di conoscenza e attrezzi di vita. Questi i mondi che esploriamo”. Così è scritto all’ingresso del Museo su un pannello, accanto all’altro che prospetta la strada attraverso le idee".

Sarebbe utile un breviàrio.

"Ho scritto questo libriccino: “Milano e le sue rotte obbligate. Le acque che ci tocca navigare”, in un’epoca di tempeste, migrazioni di popoli, cambiamenti climatici, mutamenti economici e produttivi...".

E rivoluzione tecnologica.

"Irresistibile. Ma proprio “Fatti per capire”, in corso da un anno al Museo su un progetto di Barbara Gallavotti, aiuta a interagire con i temi controversi dell’attualità scientifica per salvaguardare clima e paesaggio, pur abitando meglio, cibandoci meglio, curandoci meglio".

Senza dover fuggire su Marte (peraltro ricreato in un vostro laboratorio), possiamo credere nel Terzo Paradiso?

"Teorizzato da Michelangelo Pistoletto, Milano può realizzarlo in periferia. Sanando il contrasto tra il Primo Paradiso della Natura e il Secondo della Tecnologia: e gettando ponti".

Un’utopia meneghina?

"Realizzazioni sono già la Fondazione Prada, Hangar Bicocca, o il progetto nell’area Rogoredo, dove Norman Foster spiegherà cos’è la Smart City, la città intelligente, anche connessa al di fuori dei propri confini".

Almeno parlarne, qui, sembra facile.

"Ci troviamo infatti nel “Museo del divenire del mondo”, come voleva il fondatore Guido Ucelli di Nemi nel 1953".

Patrono, per di più, Leonardo.

"Un privilegio, certo, un’opportunità. Nell’agire degli italiani, il patrimonio identitario fa arrivare ai massimi livelli".

Ma il direttore Galli, che un principe arabo considera il miglior senior in circolazione, tanto da offrirgli, invano, una cifra da capogiro per farsi fare un museo nel deserto, certe altezze ha imparato a scalarle come ufficiale degli alpini?

"Ho imparato semmai a portare lo stesso zaino del plotone, anche due per aiutare chi sta in fondo, in difficoltà: perché non lasciamo indietro nessuno".