Sondrio, l'ulivo in Valle ha lunghe radici

Le piante vennero introdotte nell'anno Mille

Al lavoro tra gli ulivi

Al lavoro tra gli ulivi

Sondrio, 2 agosto 2019 - Da ipotesi a realtà. L'ulivo, oltre a caratterizzare sempre più il paesaggio della Valtellina, con un centinaio di varietà su circa 500 censite in Italia, faceva già parte del suo passato. A offrirne la prova lo studio della professoressa Giancarla Maestroni. «Sempre disponibile, a titolo gratuito, quando la Fondazione Fojanini ha bisogno di notizie storiche - esordisce il direttore Graziano Murada - Nel 1998, contro tutto e tutti, abbiamo introdotto il primo impianto alla Sassella. Era sperimentale: serviva a colmare il vuoto lasciato dalla vite e impedito l'assalto ai terrazzamenti da parte del bosco». Col tempo «un rimedio estetico «tampone« è diventato coltura dalle grandi soddisfazioni».

Non poteva essere altrimenti visto che è iscritta nel dna della Valle. Se ne trovano tracce già nel 1200: quello che, per la Fojanini, era solo un sentore oggi si è trasformato in certezza. «Lo studioso Andrea Fabbri - scrive Maestroni - afferma che una certa presenza di olivi in Lombardia è attestata a partire dal II sec a.C.», in particolare attorno ai laghi. «È tuttavia nell'anno 1000 e nei secoli immediatamente seguenti che la coltura si diffonde». In questa fase storica anche la Valtellina comincia a vantarne la presenza, «soprattutto in concomitanza con l'optimum climatico sino al XIV, XV secolo», prosegue. «D'altro canto, è intorno al 1000 che il territorio agricolo valtellinese si è gradualmente formato» attraverso i terrazzamenti coltivati a vite, cereali minori, «ulivi e addirittura agrumi». Diversamente dai romani, che impiegavano l'olio come condimento, la Valtellina se ne serviva per lo più a scopo liturgico. Si suppone che la coltura fosse diffusa nella Bassa Valle e in Valchiavenna. «Martino Fattarelli fa riferimento (...) a un documento del 1256» su vendite di terreni di Dubino e Delebio che comprendono anche oliveti. Altri scritti riportano che, nel 1365, si pagavano affitti in olio, oltre che in vino, e che, nel 1495, un comprensorio a Castione è denominato «Ad oliva>. Sempre in zona, contrada San Rocco, seguendo un filo rosso che si dipana per oltre 5 secoli, si narra che ai primi del 1900 prosperassero agave e olio. Non solo la Basse Valle quindi, tutta la sponda retica ospitava la coltura, lo suggeriscono toponimi come 'Crap de l'uliva' a Montagna, 'Vialle olivarum' a Bianzone.

Anche l'iconografia aiuta: a palazzo Besta (Teglio), lungo le nervature della volta nella sala da pranzo, si snodano motivi vegetali che comprendono rami d'ulivo. Altro documento del 1835, conservato nell'archivio di Stato a Milano, contiene la registrazione, nel Comune della Sassella, di 54 ulivi. Sembra che verso metà ottocento si arrivò al quasi totale azzeramento degli alberi, ne sopravvissero pochi, sparsi qua e là.