
Ponte nel Cielo
Tartano (Sondrio), 17 dicembre 2019 - «Il lavoro di ragioniere in un’azienda di Talamona non faceva per me. Dopo 5 anni ho deciso di continuare la tradizione di famiglia che dura da almeno 4 generazioni. A Campo porto avanti l’attività zootecnica con papà che tante soddisfazioni ci sta dando, grazie anche all’impulso ricevuto dal ‘Ponte nel Cielo’ che attira in valle numerosi turisti dalla Lombardia e non solo che acquistano i nostri prodotti caseari".
Omar Bertolini, 39 anni, è uno degli imprenditori che ha scommesso sulla rinascita di questo borgo, dando un contributo al Consorzio Pustarèsc che ha ideato e realizzato il “Ponte nel Cielo”, al momento il più alto d’Europa, in un paese-presepe troppo a lungo dimenticato. Il paese sembrava avere imboccato un tunnel senza ritorno. Spopolamento inarrestabile, nessuna prospettiva di lavoro per i pochi giovani rimasti, edilizia completamente ferma. "Oggi, invece, grazie alla passerella tibetana da record facciamo fatica a soddisfare le esigenze di tutti - dice il padre Dino, 65 anni -. Nel piccolo caseificio produciamo formaggio Latteria e ricotte d’inverno e Bitto in estate. Il siero nutre i vitelli e i nostri maiali. Continuiamo la tradizione di mio padre Onorato e, prima ancora, di suo papà, partito con 4 mucche. Carichiamo gli alpeggi in Val Corta e Val Lunga. E quest’estate, in alpeggio è salito pure il mio nipotino che aveva frequentato la terza elementare". E intanto gli alpigiani, con il loro duro lavoro, contribuiscono a mantenere l’assetto della montagna, con le piccole opere di manutenzione.
«Il progetto del Ponte - afferma Augusto Bertolini, 57 anni, titolare dell’omonima impresa edile artigiana - andrà oltre la costruzione del tanto ammirato attraversamento. Sul versante della montagna, opposto a Campo, esistono le splendide baite un tempo utilizzate dai pastori in estate, per portare le mandrie ai pascoli dell’Alpe Corte. Le baite, con cantine per ospitare le conche di rame con il latte da conservare a temperature fredde, ma naturali, il latte, prima della lavorazione, hanno una muratura in pietra e legno, oggi sono bisognose di cure". C’è chi ha lasciato il lavoro di ragioniere per dedicarsi all’allevamento e chi, come Luca De Petri, 28 anni, sull’eco del successo di pubblico del “Ponte nel Cielo” è ritornato in Valtartano dall’Australia, dove si era recato in cerca di fortuna in una fattoria, per tentare qui di costruirsi il suo futuro. «Il 4 agosto - racconta Luca - ho inaugurato il mio piccolo ristorante tutto in legno, chiamandolo ‘Highlander’, che vuol dire ‘montanaro’, dal nome delle vacche scozzesi Higland che, nei mesi estivi, allevo all’alpe Piaz, a 1700 metri. Con l’aiuto del cuoco Mauro cucino le carni di questi animali, ma abbiamo riscoperto anche una vecchia ricetta della nonna per servire ai clienti i cotechini con patate e verze in un modo particolare".
Un’altra esperienza significativa di immigrazione di ritorno è quella di Raffaella Bianchini, 44 anni, titolare dell’agriturismo “La bedùla”. "Sono stata in Svizzera per 4 anni - dichiara - partecipando anche a un corso per casari. La mia valle si era spopolata piano a piano perché il lavoro non c’era. Oggi, dopo la costruzione della passerella, c’è un’inversione di tendenza. E sono felice di essere tornata. La valle era in picchiata, ora l’agriturismo con piatti semplici del territorio e l’azienda agricola, di 60 capre (lavoriamo circa 2 quintali di latte di capra al giorno), conquistano i turisti con yogurt, formaggi freschi, stagionati ed erborinati. Volano...nel cielo, come il Ponte".