MICHELE PUSTERLA
Cronaca

La difesa dell'ex giudice finito in cella: "Ingannato"

Pietro Paci è finito a San Vittore per rapporti sessuali con minore

La vicenda ha scosso il Tribunale

Sondrio 14 novembre 2015 -  «Sembra una cosa impossibile». «Un uomo di così vasta cultura con certe debolezze, un professionista irreprensibile». Non solo a Palazzo di giustizia di Sondrio, dove ha concluso una brillante carriera durata 40 anni di giudice civile e penale (presiedette anche la Corte d’Assise nel processo per l’omicidio di Loretta Ceni), c’è sconcerto e sgomento alla notizia dell’arresto dell’ex giudice Pietro Paci, 72 anni, recluso dallo scorso 21 ottobre nel carcere milanese di San Vittore (da qualche giorno nel reparto Infermeria della Casa di pena) con accuse infamanti: prostituzione minorile e detenzione di materiale pedopornografico. L’avvocato Cristina Bava, nei giorni scorsi, ha inoltrato istanza di scarcerazione al Tribunale del Riesame, ma i giudici hanno respinto l’istanza mantenendo il provvedimento di custodia cautelare dietro le sbarre. Ora il legale milanese dell’ex togato, che da anni risiede a Poggiridenti e per il quale gli amici di Valtellina si augurano possa al più presto essere scarcerato, in virtù anche delle sue difficoltà a deambulare, è in attesa di ricevere i rapporti dei medici e le relative cartelle cliniche sulla reale condizione di salute del detenuto, per preparare una nuova domanda di scarcerazione. Si punterà a ottenere una misura restrittive meno severa, come ad esempio gli arresti domiciliari. Il magistrato in pensione da un paio da’nni, fermato all’interno di un hotel mentre si apprestava ad avere un rapporto con un 16enne romeno, durante gli interrogatori si è difeso con decisione, affermando di avere chiesto prima i documenti, per accertarsi della maggiore età del «prostituto». E di essere quindi «stato ingannato sulla carta d’identità mostratatagli». Ma sono una mezza dozzina gli episodi di adescamenti sessuali di minori - nordafricani e romeni - che sarebbero stati accertati dai poliziotti della Polfer meneghina. Per quanto concerne i 500 euro consegnati allo zio 20enne del ragazzino trovato con lui al momento del blitz in camera da letto, l’ex giudice ha detto che si trattava di un concreto aiuto per tornare in patria dalla moglie e dal figlioletto e non, come rietiene la Procura, di soldi per pagare materiale pedopornografico.