Crisi, Draghi a colloquio da Mattarella

Il Capo dello Stato pronto a dare l'incarico all'ex timoniere della Bce. GUARDA IL VIDEO

Roma, 3 febbraio 2021 - Alla guida della Banca Centrale aveva "fatto tutto il possibile" per salvare l'euro. Quel "Whatever It takes" Mario Draghi dovrà spolverarlo anche oggi per salvare la legislatura e formare un nuovo Governo. L'incarico che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha intenzione di dargli oggi a mezzogiorno nell'incontro al Quirinale, dopo il durissimo discorso di ieri sera di monito alle forze politiche,  se accettato partirà tutto in salita. Almeno sulla carta.

A dare il benevenuto a Draghi, si fa per dire, finora c'è stato soprattutto un coro di "no". Da quello tutto sommato scontato di Giorgia Meloni e di Fratelli d'Italia che spingono per le elezioni  al "ni" sfumato della Lega di Matteo Salvini ("non dico sì o no per simpatia o pregiudizio. Il governo è un mezzo, non un fine") . Ma a  rendere il percorso accidnetato - ed è un eufemismo - è la posizione ufficiale adottata nella notte dal Movimento 5 Stelle. "Non voteremo un governo Draghi", ha annunciato il reggente Vito Crimi, alla guida ora di un movimento che sembra pronto a deflagrare da un momento all'altro. Troppo indigesto un "governo tecnico" o "istituzionale" per i pentastellaati. Il fronte del no è ampio, il motivo chiaro: come spiegare alla base degli elettori una fiducia a un governo che potrebbe adottare "manovre lacrime e sangue",  come ha già supposto la ministra uscente Dadone? Lo "spettro" del governo Monti e dell'epoca Fornero prende una forma concreta. Se ricevere i soldi del Recovery Fund europeo significa stilare un piano di sacrifici, per il Movimento sarebbe dura da digerire e da far digerire. E non solo all'ala più oltranzista dei dibattistiani. E pazienza se parliamo di oltre 200 milioni di euro

Senza i voti M5S al Senato è impossibile arrivare alla fiducia della maggioranza assoluta. Altro che 161 voti, non si supererebbe quota 140. La speranza dell'appoggio di Forza Italia, che ha prudenzialemnte fin qui mediato tra le anime del centrodestra più barricadere e la propria vocazione istituzionale, non potrebbe garantire i voti sufficienti. E il centrosinistra, va da sé, non basta, pur con tutti i volonterosi, i responsabili, gli europeisti e i costruttori che si possono trovare (pochini, tra l'altro, fin qui).

Per i 5 Stelle c'è  il nodo della tenuta del movimento: la defezione di Emilio Carelli, approdato ai banchi del Gruppo Misto, è il "la" alla scissione interna. Sotto accusa anche la gestione della trattativa da parte dei big nei gorni delle consultazioni  affidate al presidente della Camera Ronerto Fico: una gestione che alla fine si risolve con un patatrac e con la vittoria (di Pirro? Ai posteri la sentenza) di Matteo Renzi: la caduta di Conte. Sul cui nome ("o lui o niente") ci si è spesi fino a un punto di non ritorno. E Di Maio? Sarà lui a raccogliere la sfida del governissimo lanciata da Mattarella? In tal caso nei 5 Stelle si aprirà un muro: o di qua o di là. 

Alle 12 intanto si saprà se Draghi, il SuperMario che sa parlare ai tedeschi, accetterà l'incarico: di certo pare difficile che vada in giro a raccogliere voticchi di questo o di quello. C'è una maggioranza da trovare, potrebbe essre un'altra bella impresa.