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Nel rumore delle polemiche sulle quattro banche sciolte dal Governo troppe cose ancora non si conoscono di GIORGIO LA MALFA

Milano, 23 dicembre 2015 - Nel rumore delle polemiche sulle quattro banche sciolte dal Governo troppe cose ancora non si conoscono. Alcune di queste hanno o possono avere rilevanza penale, altre, non meno importanti, attengono ad aspetti di responsabilità politica, altre infine riguardano l’adeguatezza della legislazione finanziaria italiana. L’intervento della magistratura è necessario, ma non basta. Per gli aspetti penali, la magistratura non potrà non indagare per stabilire in che misura il dissesto di queste banche sia dovuto a episodi di cattiva gestione, ad affidamenti ingiustificati, ad operazioni con parti correlate, cioè con gli stessi amministratori delle banche, a favoritismi nella concessione dei crediti o nella richiesta delle garanzie. Bisognerà accertare inoltre se gli amministratori di queste banche dissestate abbiano goduto di particolari informazioni su ciò che il Governo stava preparando ed abbiano quindi potuto proteggere i loro capitali, se qualcuno abbia ottenuto vantaggi speculativi. 

Bisognerà infine stabilire se gli amministratori di queste banche, invitate dalla Banca d’Italia a rafforzare i mezzi propri, abbiano scelto di diffondere fraudolentemente fra i loro clienti obbligazioni ‘tossiche’ per non diluire il proprio controllo sulla banca. Di altre questioni, non meno importanti, che toccano le responsabilità ‘politiche’ nel deterioramento della situazione, non puo occuparsi la magistratura. Il governo si è mosso tempestivamente o ha tergiversato su un intervento ormai inevitabile? Vi erano legami ‘impropri’ fra ambienti governativi e debitori della Banca Popolare dell’Etruria? Le autorità di vigilanza hanno tempestivamente informato il governo della situazione? Il governo ha valutato l’inopportunità di imporre la trasformazione in società per azioni a una popolare sostanzialmente fallita? Questa decisione ha avvantaggiato qualcuno?

Altre domande riguardano i rapporti con l’Europa. Chi fra Palazzo Chigi, il ministero dell’economia, la Banca d’Italia ha parlato con Bruxelles? Questi protagonisti avevano fra loro un idem sentire? Perché non si è utilizzato il Fondo di tutela dei depositi già l’anno scorso, quando la situazione di queste banche appariva compromessa? Si sono protetti dei potentati economici e politici locali? La legislazione finanziaria italiana è adeguata? Se agli aspetti penali penserà la magistratura, per le altre questioni serve una Commissione d’inchiesta parlamentare. Una Commissione, non un Comitato di indagine, perché solo la Commssione ha diritto di esigere risposte piene ed esaurienti. Inizialmente il governo Renzi si era detto favorevole a istituire una Commissione. Ora appare più evasivo. Su questo punto va incalzato. 

di GIORGIO LA MALFA