Maxi truffa nelle energie rinnovabili: ricevevano milioni di contributi non dovuti

La guardia di finanza e i carabinieri di Pavia hanno smantellato un'organizzazione criminale specializzata nella frode di contribuiti pubblici: falsificavano l'origine del legname, che figurava come "km 0"

Un fermo immagine dei finanzieri mentre ascoltano le intercettazioni

Un fermo immagine dei finanzieri mentre ascoltano le intercettazioni

Pavia, 27 gennaio 2021 - Un'intera centrale elettrica sotto sequestro, sei persone agli arresti domiciliari tra cui l'ex amministratore delegato Saipem Pietro Franco Tali, perquisizioni e sequestri in tutta Italia. E' il sintetico bilancio di una vasta operazione della Guardia di finanza nsieme ai carabinieri forestali della sezione di polizia giudiziaria della Procura e del Comando provinciale di Pavia, portata a termine questa mattina all'alba, quando i militari hanno raggiunto le undici persone coinvolte (6 agli arresti domiciliari e 5 con obbligo di firma). Sono accusate dei reati di associazione a delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato, false fatturazioni e responsabilità amministrativa degli enti. ella Guardia di finanza di Pavia,

L'organizzazione criminale è accusata di aver frodato nel corso di diversi anni circa 143 milioni di euro di contributi pubblici, nel settore delle energie rinnovabili. I circa 200 militari impegnati, con il supporto di unità aeree e cinofile, hanno effettuato perquisizioni e sequestri di rapporti bancari, quote societarie, veicoli, immobili e terreni in capo agli indagati. Le oltre 50 perquisizioni hanno coinvolto, oltre alla Lombardia, anche il Piemonte, l'Emilia Romagna, la Liguria, il Trentino Alto Adige, il Lazio e la Sardegna. In particolare, sono satti sequestrati 69 rapporti bancari, 22 quote societarie di altrettante società del gruppo del valore di circa 19 milioni di euro, 147 fra veicoli, immobili e terreni del valore di oltre 12 milioni di euro, tra cui un prestigioso appartamento nel cuore di Milano, una villa di pregio con piscina vista mare a Portobello di Gallura (Sassari) e una villa in collina a Galbiate (Lecco), oltre alla centrale elettrica Biolevano, a Olevano Lomellina, valore 70 milioni di euro, per la quale però è stato nominato un amministratore giudiziale in modo da interrompere l'attività.

L'indagine, dall'ottobre 2019, è partita proprio dall'impianto lomellino e riguarda gli incentivi per l'utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, nel dettaglio biomasse legnose. La società percepiva dal Gestore dei Servizi Elettrici (Gse) l'incentivo massimo, simulando la provenienza da filiera corta anche per il materiale che invece proveniva da più lontano, anche dall'estero, attraverso un sistema di falsificazione di bolle che produceva una vera e propria contabilità parallela.

In questo modo, da quanto emerso, per ogni milione di euro di energia venduta, la Biolevano percepiva oltre 3 milioni di euro di contributi, ovvero, il massimo degli incentivi possibili. Questo incentivo, come risulta dall'accordo siglato nel 2012 tra la Biolevano e il ministero delle Politiche Agricole e Forestali, era possibile solo perché l'azienda si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all'impianto (massimo 70 chilometri).

A tirare le fila di questa gestione c'era proprio Pietro Franco Tali, ex amministratore delegato di Saipem. Secondo l'accusa formulata dal pm Paolo Mazza, il manager era "azionista e amministratore di fatto di Biolevano", e in questa veste "svolgeva un primario ruolo di pianificazione nelle strategie generali del sodalizio criminoso" di cui era "promotore e organizzatore". Nell'organigramma societario, si legge sempre nel capo di imputazione, era lui il "punto di riferimento a cui rivolgersi per ottenere la  preventiva autorizzazione ad intraprendere qualsiasi azione, lecita e illecita, di gestione aziendale".  

L'inchiesta, scrive il gip Fabio Lambertucci in un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare, ha fatto emergere "un sistema di frode" che "ruota attorno alla tracciabilità" del legname da trattare. Legname che secondo la normativa doveva provenire da un'area compresa entro 70 chilometri dall'impianto della provincia di Pavia e che invece Tali e gli altri manager acquistavano anche all'estero, come in Svizzera, a prezzi in certi casi dimezzati rispetto alla media di mercato. "È una truffa ai danni dei cittadini - commenta il procuratore di Pavia, Mario Venditti - perché nelle bollette elettriche di tutti noi c'è la quota per gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili".