Ticino in agonia, viaggio su un fiume diventato uno stagno: "Impossibile navigare anche a remi"

Isolotti di sabbia e l’alveo profondo venti centimetri, spostarsi in barca sul principale affluente del Po diventa un’impresa

Guido Corsato, presidente della Battellieri Colombo

Guido Corsato, presidente della Battellieri Colombo

Pavia – La pioggia caduta nei giorni scorsi e la neve (poca) tornata in montagna non hanno spento la grande sete del Ticino. Dal ponte della Libertà le barche a motore non riescono più a risalire verso il ponte della ferrovia e Bereguardo dove ieri l’altezza idrometrica era di -116 centimetri.

È ancora possibile procedere invece verso il ponte della Becca dove il fondale è più basso, e l’ultimo valore rilevato ieri era di -210,5 centimetri. Se i motori devono rimanere alzati, si può procedere vogando, ma a fatica con la punta dei remi perché la pala tocca il fondale. "L’anno scorso abbiamo vissuto una situazione simile in estate - spiega Guido Corsato, presidente della Battellieri Colombo, una delle associazioni remiere che hanno la propria sede sul fiume -, adesso in primavera, quando la stagione deve ancora cominciare". È un grido d’aiuto quello che lanciano le remiere che vivono il fiume, lo vedono cambiare e impoverirsi. "Ci saranno 20 centimetri d’acqua - ha aggiunto Corsato -. Se ad agosto gridavamo all’emergenza, ora l’abbiamo pure superata".

Dalla riva si vede un numero sempre maggiore di isolotti di sabbia che spezzano il corso d’acqua, invece dalla barca quelle spiagge diventano degli ostacoli da superare deviando la remata. Anche nei pressi del ponte coperto bisogna stare attenti, perché sono comparsi l’anno scorso e mai tornati sott’acqua anche i resti del ponte romano che sorgeva nei pressi dell’attraversamento abbattuto durante la seconda guerra mondiale e ricostruito 70 anni fa. E proprio i resti di quella traccia del passato sono stati scelti da una mamma anatra per costruire il nido nel quale far nascere i suoi piccoli. Li cura e li accudisce sui ruderi dell’attraversamento trecentesco facendo intenerire i fruitori del fiume piuttosto arrabbiati per lo stato in cui si trova il Ticino.

“Ogni anno - prosegue il presidente della Battellieri Colombo - noi versiamo 10mila euro ad Aipo per navigare. I nostri soci pagano una quota di 900 euro annui per che cosa? Per un fiume che non è più navigabile? Bisogna fare qualcosa per permetterci di usare anche le barche a motore, non soltanto quelle a remi. Noi incentiviamo la riscoperta della voga alla pavese, teniamo corsi di voga, ma vorremmo anche navigare a motore". Negli otto chilometri di rive che si trovano nel territorio del Comune di Pavia sono diverse le associazioni e gli imbarcaderi che tengono le barche. “Rischiamo di perdere i nostri soci - ha detto ancora Corsato - e di andare in crisi creando tutta una serie di conseguenze a cascata. Occorre intervenire, siamo preoccupati".

L’anno scorso le ruspe avevano lavorato nell’alveo del Ticino, all’altezza dell’imbarcadero Ravizza, per spostare sabbia e ghiaia in modo da permettere alle barche di scendere in acqua. Gli interventi che erano stati autorizzati avevano sollevato non poche perplessità nei residenti in Borgo Ticino e continuano ad essere guardati con diffidenza perché ritenuti responsabili di una deviazione del fiume che trovando un ostacolo si sarebbe spostato. Quest’anno è probabile che altri scavi dovranno essere autorizzati ed effettuati per permettere alle barche di uscire, se poi però sarò data loro la possibilità di muoversi, altrimenti il fiume si potrà osservare solo dalla riva.