Mortara, minorenne seviziato da coetanei. La madre: "Ora mio figlio odia la scuola"

"Spero abbiano capito com’è la vita. Ma lui teme di essere allontanato"

Il ragazzo è stato al centro di continue vessazioni

Il ragazzo è stato al centro di continue vessazioni

Mortara (Pavia), 3 marzo 2018 - «Spero che abbiano imparato la lezione per il futuro. Non provo rancore. Penso alle loro famiglie e spero che siano pentiti come dicono». È la madre del ragazzo di Mortara brutalizzato dal bullismo di cinque coetanei. Portato in aperta campagna, denudato, seviziato, mentre era tenuto sospeso per le gambe da un ponticello e un cellulare immortalava la scena. Costretto a ubriacarsi di birra e trascinato in giro legato a una catena come un cane al guinzaglio. Il gup del tribunale dei minori di Milano ha condannato il capobranco a tre anni e 6 mesi di reclusione, l’amico a tre anni. Non andranno in carcere: vivranno in una comunità protetta, in un regime restrittivo. Altri tre ragazzi proseguiranno con la messa in prova il percorso di recupero iniziato in comunità.

Signora, come sta suo figlio?

«Sta meglio. Solo che non vuole andare a scuola. L’anno scorso è stato bocciato, quest’anno sarà la stessa cosa, anche se gli abbiamo cambiato scuola. Quando compirà sedici anni, vedremo cosa fare».

Il morale?

«Come morale sembra essersi ripreso. Non vuole che si parli della storia. Mi hanno chiamato i carabinieri per sapere della sentenza. Si è agitato subito. Non vuole più parlare di quello che è successo. Ancora l’altro giorno mi ha detto: ‘Se tu stavi zitta, non succedeva niente’. Ma se fossi stata zitta, chissà cosa poteva succedere ancora. È seguito dalla assistenti sociali. Lui ha paura che lo portino via. Lo rassicuriamo, gli diciamo che fanno il loro lavoro, vedono se è protetto, perché lo dovrebbero portare via?» .

Come trascorre le giornate?

«Gli abbiamo regalato un cagnolino che gli tenga compagnia. Lo ha chiamato Rambo. Lo porta fuori, lo coccola».

In famiglia non aveva lasciato trapelare niente di quello che gli stava accadendo? Voi non sospettavate che potesse essere vittima di bullismo?

«La scuola continuava a chiamarmi perché si picchiava con i compagni. Ma perché, mi chiedevo? Fino alla terza media non aveva dato nessun problema. Sarà l’età, gli passerà. Invece era tutta l’aggressività che non poteva sfogare. A me diceva che non capivo niente. Si sentiva umiliato da quelli e diventava aggressivo con gli altri, a scuola».

Quando l’ha scoperto?

«Dai carabinieri, quando ho visto la foto di mio figlio appeso a testa in giù. Non lo avremmo mai scoperto. Dovevo fare qualcosa, altrimenti poteva finire peggio. Anche se lui mi diceva che era tutto uno scherzo. Lo ha detto anche ai carabinieri. Ha spiegato che aveva paura che il papà andasse a cercare i ragazzi e facesse qualcosa, magari se gli avessero risposto male. A me ha detto: ‘Non ti ho raccontato niente perché tu avresti messo di mezzo i carabinieri’. Come ho fatto. Ma non potevo stare zitta, fare finta di niente. Quella foto era andata in giro per tutta Mortara».

Conosceva quei ragazzi e i loro genitori?

«Uno lo conoscevo dalle elementari. È coetaneo di mio figlio, erano nella stessa scuola, in due classi diverse. Gli altri li vedevo, Mortara è piccola. Ho incontrato il padre di uno in udienza, mi ha detto ‘buongiorno’ e gli ho risposto. Credo che abbiano fatto del male anche alle loro famiglie».

Prova rancore per i tormentatori di suo figlio?

«Nessun rancore. Spero che abbiano capito com’è la vita. Leggo sui giornali che sono pentiti. Mi auguro che sia davvero così e non siano solo parole».

«Visto - dice l’avvocato Roberto Grittini, il legale nominato dalla famiglia del ragazzo - che tutti si dicono pentiti, mi sarei aspettato almeno un rigo di scuse, non dico direttamente, ma anche attraverso gli avvocati. Questo lascia dei coni d’ombra sul pentimento».