
Forze dell'ordine tra gli alloggi per gli universitari
Pavia, 4 aprile 2019 - A due anni dalla sentenza che ha visto l’assoluzione dei sette imputati, sono state depositate le motivazioni della decisione del giudice riguardo al processo Green Campus. Per i 360 appartamenti universitari costruiti al Cravino a Pavia e ritenuti irregolari, erano finiti a processo i costruttori Alberto e Pietro Damiani, il progettista Gian Michele Calvi e sua moglie Carla Casati, la cui società aveva acquistato il terreno, il direttore dei lavori Roberto Turino e i dirigenti comunali Franco Grecchi e Angelo Moro, accusato anche di abuso d’ufficio per aver firmato il via libera ai lavori.
In sostanza, nelle motivazioni si rileva come non fosse necessaria in via preliminare la stipula di una convenzione trilaterale con l’università ma che per costruire bastasse siglare un atto d’obbligo, come fatto. Durante il dibattimento «sono stati espressi plurimi e autorevoli pareri contrastanti sulla necessità della stipula della convenzione e sulla equipollenza tra questa e l’atto d’obbligo», si legge nelle motivazioni. La convenzione era resa necessaria «dalla classificazione urbanistica dell’area e dal fatto che l’intervento da realizzare assumeva valenza sostanziale di servizio pubblico di interesse generale». Riguardo alla classificazione urbanistica però, non vi era differenza sostanziale tra le due zone individuate «in termini di parametri urbanistici». Riguardo i due dirigenti comunali, a Francesco Grecchi si contesta di non aver impedito la commissione di reati edilizi, ma risulta che Grecchi «non aveva rilasciato il permesso di costruire» e non «rivestiva l’incarico ad interim (reggendo l’Ufficio tecnico comunale, ndr) nel momento in cui avevano avuto inizio i lavori da altri assentiti, né aveva esaminato la DIA (anche questa avente ad oggetto una variante non essenziale rispetto al titolo abitativo) presentata il 17 dicembre 2011».
Ad Angelo Moro veniva contestato di aver rilasciato il permesso di costruire «illegittimo». Ma in quel momento Moro aveva assunto la dirigenza del settore Ambiente e territorio del Comune solo da due giorni «e la situazione che gli si prospettava era quella di una delibera di Giunta che aveva approvato la bozza di atto d’obbligo che conteneva tutti i requisiti richiesti per la convenzione». Il giudice ha rilevato che «manca il danno ingiusto arrecato al Comune per la mancata cessione al Comune delle opere di urbanizzazione».