
Guido Corsato
Pavia, 22 agosto 2019 - Una lunga diatriba tra l’ex dirigente del Comune di Pavia Guido Corsato, in pensone, e l’ente di Palazzo Mezzabarba è arrivata in terzo grado. La Corte di Cassazione ha condannato il dirigente a pagare 7.000 euro tra spese legali e compensi professionali, rigettando il suo ricorso.
Corsato si era rivolto alla Suprema Corte per contestare la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano aveva ridotto l’importo del rimborso stabilito in primo grado dal tribunale di Pavia, che aveva riconosciuto il demansionamento subito dal dipendente comunale. Tutto era iniziato nel 2002, quando Corsato si era rivolto al tribunale denunciando di «essere stato vittima di vessazioni e comportamenti offensivi da parte dell’allora assessore al Patrimonio Ettore Filippi Filippi; di aver subito, a seguito della riorganizzazione degli incarichi dirigenziali approvata dalla Giunta nel 2002 un declassamento ingiustificato in quanto passava da dirigente di settore a dirigente di servizio. Il dirigente aveva segnalato di essere stato destinato allo svolgimento di compiti routinari e poco rilevanti. Il giudice pavese gli aveva dato parzialmente ragione.
Non aveva riconosciuto il mobbing, ma il demansionamento sì, sentenziando il versamento di 205.000 euro a titolo di risarcimento. In Appello, la sentenza era stata parzialmente riformata: il risarcimento del danno era stato limitato a 61.500 euro, la corte aveva anche disposto l’ulteriore versamento di 6.434,19 euro da parte del Comune. Corsato aveva impugnato, chiedendo la cassazione della sentenza. La Suprema Corte però ha ritenuto infondate e inammissibili le motivazioni proposte dal dirigente, rigettando quindi il suo ricorso.