GABRIELE MORONI
Cronaca

Contagiato e guarito dal Covid: medico pensionato torna gratis in ospedale

La doppia sfida del primario in pensione: rientrato volontariamente in servizio, contagiato, guarito, di nuovo al posto di lavoro

Camillo Schiantarelli, 70 anni

Camillo Schiantarelli, 70 anni

Mortara (Pavia), 10 novembre 2020 - La doppia sfida del primario in pensione: rientrato volontariamente in servizio, contagiato, guarito, di nuovo al posto di lavoro. Camillo Schiantarelli, 70 anni, per quindici è stato primario della Medicina dell’ospedale “Asilo Vittoria” di Mortara fino al primo dicembre dello scorso anno. Dottor Schiantarelli, dove lavorava quando è scoppiata la pandemia? "Al momento di pensionarmi mi è stato proposto un rapporto di prestazione a prestazione professionale di un anno, gratuitamente, nel mio reparto. Ho ripreso a lavorare in modo particolare nell’ambulatorio di ematologia. Vengo dalla scuola di Edoardo Storti, grande maestro dell’ematologia. Quando è uscita l’emergenza del Covid-19 mi è stato chiesto di tornare operativo in reparto per un periodo compreso fra l’11 marzo e il 10 giugno. Ho subito accettato. Al momento era una cosa esaltante. Ho fatto la normale attività di un medico di reparto". Come ha contratto il Coronavirus? "È stato a fine marzo dopo una settimana di lavoro, l’ultimo giorno molto pesante. Esercitavo in un reparto Covid negativo. Avevo visitato tre pazienti che a un primo esame erano risultati negativi. In seguito è uscita la positività. Uno dei tre è poi deceduto. Dopo il tampone positivo, mi sono isolato dentro casa. Non stavo male, qualche linea di febbre, un po’ di tosse. Con la seconda settimana è iniziata la desaturazione dell’ossigeno. Pronto soccorso dell’ospedale di Vigevano. Tac: polmonite bilaterale". Ricoverato? "Ricovero. Ossigenazione con gli occhialini, non c’è stato bisogno del casco CPAP. Al diciottesimo giorno di ricovero, dopo due tamponi negativi, mi hanno dimesso". Quando è tornato al lavoro? "A fine maggio ho ripreso la mia attività come ematologo. Faccio tantissime visite, da giugno a oggi sono state 583 le prestazioni ambulatoriali. Sono in una situazione un po’ più tranquilla. Dopo avere visitato un paziente che ho poi saputo essere positivo, ho fatto il tampone. Negativo". Cosa l’ha motivata ad andare in prima linea e a riprendere il suo posto dopo la malattia? "Primo: mi è sempre piaciuto il mio lavoro. Secondo: ho sempre avuto un rapporto molto bello con i pazienti. Il Covid mi ha un po’ cambiato. Visito meglio. Essere in ospedale mi ha fatto anche riapprezzare la vita, le piccole cose, come una passeggiata nell’orto. Quello che non riuscivo ad apprezzare nelle mie giornate sempre di corsa". Come è cambiato il suo rapporto con il paziente? "Visito molto. Mi arrivano persone anche da fuori, dal Milanese, che chiedono di tornare. Si è instaurato un rapporto. Qualcosa che va oltre la malattia. Io sono un uomo di fede, molto devoto a san Riccardo Pampuri, un santo delle nostre parti. Ringrazio di essere guarito dalla polmonite bilaterale, che non era cosa da poco. Guarire è stato come ricevere una grazia. Al paziente cerco di fare capire che una persona vale per quello che è. D’accordo. La prima cosa è la salute con il diritto di essere curato. Ma anche la malattia fa parte della storia dell’uomo. Una persona non è finita perché si è ammalata. Bisogna essere pronti anche alla malattia". Cosa insegna a un medico la propria malattia? "Più attenzione per gli altri. Grazie alla mia malattia oggi sono più attento davanti alle malattie degli altri".