Badante uccisa, l'ex assessore ora rischia il processo

Chignolo Po, per la Procura "L'ha uccisa perché voleva lasciarlo"

Lavdje Kruja è stata assassinata

Lavdje Kruja è stata assassinata

 Chignolo Po (Pavia) - 3 maggio 2018 -«L'ha uccisa perché voleva lasciarlo». Per la Procura di Lodi è questo il movente che il 30 maggio 2016 ha spinto Franco Vignati, il pensionato 64enne, ex assessore alla Cultura di Chignolo Po in quota Lega Nord, a uccidere l’ex compagna, la 40enne Lavdje Kruja (da tutti conosciuta come Dea) che lavorava come badante a Miradolo. Il pm Emma Vittorio ha chiuso le indagini e chiesto per l’unico indagato il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, ma anche di occultamento di cadavere e di porto illegale di arma da fuoco. Vignati è in carcere dal 16 febbraio scorso. Ma l’ex assessore sapeva di essere indagato da quasi un anno. L’arresto, infatti, era arrivato dopo una trafila giudiziaria che si è chiusa in Cassazione dopo il ricorso presentato dal legale dell’ex assessore pavese all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Riesame di Milano il 12 ottobre 2017 (il giudice di Lodi, a settembre 2017, aveva respinto la richiesta di carcerazione per «prove insufficienti«).

Secondo l’accusa, il pensionato ha ucciso Dea con un colpo di pistola e poi gettato il corpo nel Po. Dal carcere di Lodi, l’ex assessore continua a professarsi innocente. Corposa la documentazione nel fascicolo dell’inchiesta con oltre 500 pagine di atti e una ventina di cd di intercettazioni telefoniche e ambientali. La Procura è convinta che l’omicidio sia avvenuto a Orio Litta, in provincia di Lodi, la mattina del 30 maggio 2016, appena dopo che aveva telefonato a una parente dicendo che aveva appuntamento con Vignati per un colloquio di lavoro con un amico di lui che intendeva aprire una ditta. Il cadavere della badante 40enne, che ha lasciato due figli, era stato ritrovato otto giorni dopo alla diga del Po di Isola Serafini (Piacenza). Tanti, però, i dubbi che gli avvocati di Vignati sono pronti a sollevare davanti al gup di Lodi. A partire dall’arma del delitto. La pistola calibro 7,62 utilizzata per uccidere Dea, secondo l’accusa, è proprio quella detenuta legalmente da Vignati, ma per la difesa non ci sono sufficienti tracce di polvere da sparo nella canna della pistola in grado di dimostrare che si tratti proprio della stessa arma.

E poi il luogo del delitto. Per la Procura l’omicidio è avvenuto a Orio Litta, ma per gli avvocati di Vignati non è un fatto dimostrabile. Intanto, i parenti di Dea si costituiranno parte civile.