Badante trovata morta nel Po: "L'arma che uccise non è di Vignati"

La tesi della difesa: nessuna prova neppure sul luogo del delitto

Lavdije Kruja, freddata con un colpo alla nuca

Lavdije Kruja, freddata con un colpo alla nuca

Chignolo Po (Pavia), 13 marzo 2018 - «L’arma del delitto non è quella di Vignati». Colpo di scena sul caso dell’omicidio di Lavdije Kruja (conosciuta come Dea), la quarantunenne badante albanese di Miradolo uccisa il 30 maggio 2016. Gli avvocati di Franco Vignati, 64 anni, ex assessore comunale di Chignolo Po, arrestato dai carabinieri il 16 febbraio con l’accusa di aver ucciso la sua ex e gettato il corpo nel Po, sono pronti a smontare punto su punto la ricostruzione della Procura di Lodi. A partire dall’arma del delitto.

La pistola calibro 7,62 utilizzata per uccidere Dea, secondo l’accusa, è proprio quella detenuta legalmente da Vignati, ma per la difesa non ci sono sufficienti tracce di polvere da sparo nella canna della pistola in grado di dimostrare che si tratti proprio della stessa arma. E poi il luogo del delitto. Per la Procura l’omicidio è avvenuto a Orio Litta, Comune nel Lodigiano attraversato dal Po, ma per gli avvocati di Vignati non è un fatto dimostrabile. Intanto, dal carcere, Vignati continua a dichiararsi innocente. Ai suoi legali Francesca Bricconi e Francesca Cappelli ha ribadito di non avere sparato alla ex. La difesa sta valutando se chiedere gli arresti domiciliari.

L’uomo è accusato di aver sparato alla ex e di aver gettato il corpo nel Po, seguendo un lucido e feroce copione criminale. Il corpo della badante albanese, infatti, era riaffiorato dal Po solo l’8 giugno 2016, nove giorni più tardi rispetto alla sua scomparsa, in località Monticelli d’Ongina (Piacenza). «Vignati non ha commesso l’omicidio - afferma l’avvocato Francesca Bricconi -. L’arma del delitto non è detto che sia la pistola del mio assistito, e poi non ci sono prove che il luogo del delitto sia Orio Litta. Vignati ha sempre collaborato con il pm e i carabinieri. Tutte le prove raccolte finora sono state fornite volontariamente dal mio assistito».

Il pensionato è accusato di omicidio volontario e premeditato con l’aggravante dei futili motivi e occultamento di cadavere. Dettagliata la ricostruzione dell’accusa: Vignati avrebbe convinto Dea a incontrarlo con la scusa di proporle un nuovo lavoro. Un ultimo incontro prima di lasciarsi per sempre. A quell’incontro però Vignati si sarebbe  presentato con la sua pistola calibro 7,62, che deteneva legalmente nella casa della ex moglie. Un particolare, quest’ultimo, che ha indotto gli inquirenti a contestargli anche la premeditazione dell’omicidio.