MANUELA MARZIANI
Cronaca

Alberto Biscaldi, lo studente dell’anno: “Meglio la poesia dei social. Stop alle parole violente”

Il 25enne si divide fra Pavia, Milano e Parigi. “Non so se il mio futuro sarà in Italia o all’estero. Preoccupato dalla crisi climatica, non si fa abbastanza per salvare il pianeta”

Alberto Biscaldi, 25 anni, sarà premiato dall’Università Cattolica di Milano

Alberto Biscaldi, 25 anni, sarà premiato dall’Università Cattolica di Milano

Pavia – Secchione? “No, sono un ragazzo come tanti”. I social? “Li uso, non ne sono vittima”. Lo sport? “Mi piace più parlarne che praticarlo”. Dottorando all’Università Cattolica di Milano e alla Sorbona di Parigi, Alberto Biscaldi riceverà domani il premio Agostino Gemelli al miglior laureato del 2023.

Il riconoscimento, giunto alla 64esima edizione, viene tributato da Alumni Cattolica e dall’associazione Ludovico Necchi ai meritevoli per ciascuna delle 13 classi di laurea. Tutti i premiati ricevono una medaglia d’argento nominale e l’iscrizione per un anno entrando a pieno titolo nella community degli alumni premium della Cattolica. Biscaldi, nato a Vigevano 25 anni fa, vive tra Milano, Parigi e la provincia di Pavia. Laureato in Lingue e letterature moderne, con doppio titolo della Cattolica e della Sorbona, ha pubblicato alcune poesie sulla rivista internazionale “Gradiva. International journal of italian poetry”, ha tradotto dall’inglese le poesie di Lousie Glück e ha pure un’esperienza in ambito teatrale e televisivo. A livello critico, invece, si occupa soprattutto di Louis-Ferdinand Céline.

Alberto Biscaldi, 25 anni
Alberto Biscaldi, 25 anni

Argomento della tesi?

“È una tesi sperimentale su Céline e alcuni lavori inediti usciti nel 2022, che non sono mai stati analizzati. Tratterò lo stesso argomento per il dottorato”.

Lei ha il doppio titolo, dove sta seguendo il dottorato?

“Ho frequentato il primo anno in Cattolica, il secondo alla Sorbona e il prossimo tra Milano e Parigi. La tesi sarà in francese”.

Si è laureato nel 2023 ed è già al secondo anno di dottorato: come è possibile?

“Mi sono laureato a settembre e mi avevano detto che avrei dovuto attendere un anno per il dottorato perché le ammissioni erano in concomitanza con le sedute di laurea. Ma non volevo aspettare. Così, il 19 settembre, dieci minuti dopo aver discusso la tesi sono stato ammesso”.

È il miglior laureato della sua classe di laurea, sbaglio a immaginarla un ragazzo che sta sempre chino sui libri?

“Sono un ragazzo come molti miei coetanei. Lavoro alla tesi, scrivo poesie e incontro poeti, ma frequento anche gli amici con i quali non sempre parlo di letteratura. Per staccare la spina amo guardare lo sport – guardarlo, non praticarlo – e poi magari parlo di calcio e dell’Inter – perché, come si dice, tutti quelli che scrivono poesie tifano Inter –. A parte gli scherzi, per scrivere bisogna vivere”.

Utilizza anche i social?

“Sì, li uso per distrarmi e per stare nel mondo. Di certo non vivo per quelli, né di quelli. Se devo leggere un libro preferisco la carta, ma non demonizzo il web dove si trovano piattaforme e riviste che si occupano di temi molto seri”.

Dal femminicidio di Giulia Cecchettin si parla molto più spesso di violenza di genere, anche tra i giovani. Cosa ne pensa?

“Sarà deformazione professionale, ma ritengo che prima della violenza fisca si debba prestare attenzione già alle parole. Mi spiego meglio: anche il tono di voce che viene usato nei rapporti personali, la pressione verbale per imporre la propria idea o l’incapacità di ascoltare l’altro, o l’altra, possono già essere segnali preoccupanti. Le parole sbagliate fanno male. La violenza psicologica è una spia da non sottovalutare”.

Quanto è importante il linguaggio, allora?

“Per me è tutto. Bisogna imparare a leggere il linguaggio. Da come lo usiamo si capisce molto di noi. Chi ha gli strumenti per scegliere correttamente le parole deve assumersi le proprie responsabilità”.

Come si vede nel futuro e dove si vede, in Italia o all’estero?

“Prima devo finire il dottorato e poi vedrò quali porte si apriranno. Magari rimarrò in ambito accademico, strada che mi piace molto. Ma amo anche scrivere e vorrei continuare a farlo”.

La preoccupa il futuro?

“Mi preoccupa la crisi climatica ma vedo che si sprecano tante parole sul pianeta per non dire nulla. Me lo raccontano le colleghe che rientrano dalle conferenze internazionali: i vertici si riducono a esercizi retorici che non impattano sulla realtà. Preferisco la poesia, perché bisogna pesare bene le parole”.