Bergamo un anno dopo cerca ancora "verità e giustizia per le vittime Covid"

Le storie delle vittime della prima ondata raccontate dai parenti, riuniti nel comitato Noi Denunceremo

Comitato Noi denunceremo

Comitato Noi denunceremo

Bergamo - A marzo e aprile 2020 Bergamo e la sua provincia hanno vissuto un dramma che rimarrà a lungo nella memoria collettiva. Non c'è una famiglia della zona che non abbia attraversato un pezzo di questa tragedia, che non abbia una storia da raccontare. E per tutti, negli occhi ci sono le immagini e i numeri di quei giorni: le file di camion militari a portare altrove i cadaveri, le strade vuote e il silenzio rotto solo dalle sirene e dalle campane a morto. Così frequenti che qualche parroco ha deciso di non suonarle più.

 Quasi 5mila morti per Covid secondo stime non ufficiali nel solo mese di marzo. Dietro a tante di queste storie si celano vicende personali al limite dell'incredibile e molte di queste sono finite nelle denunce consegnate a più riprese alla procura di Bergamo da parte del comitato Noi denunceremo, un gruppo di parenti di vittime Covid nato il 22 marzo su Facebook dal dolore di Luca e Stefano Fusco per la morte del padre e nonno e che mano a mano, da Spoon River bergamasca, è diventato luogo di denuncia. Ad aprile dello scorso anno, sulla scorta di questi fascicoli, centinaia, la Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa.

A distanza di un anno da quando lo tsunami ha travolto questa terra che non molla mai, abbiamo voluto raccogliere alcune testimonianze, racconti drammatici di persone che hanno perso un proprio caro in quei giorni difficili. E che ancora oggi non fanno pace con quanto è successo, perché è impossibile farlo quando non si ha ancora "verità e giustizia per le vittime di Covid-19".

La storia di Laura Capella

La storia di Walter Semperboni

La storia di Cristina Longhini

UN ANNO DI COVID: IL NOSTRO SPECIALE