Tomorrowland, a Monza gli stregoni della dance

Dopo due edizioni in Belgio, stavolta i Marnik se la giocano a due passi da casa

Emanuele Longo e Alessandro Martello alla consolle diventano i Marnik

Emanuele Longo e Alessandro Martello alla consolle diventano i Marnik

Monza, 25 luglio 2018 - Il loro nome è una parola che non esiste «così quando lo metti su Google veniamo fuori subito noi». Marnik non è altro che l’unione di un pezzo di loro: Alessandro Martello e “nik” che era il vecchio nickname di Emanuele Longo. Due artisti che sono diventati amici anche fuori dallo studio di registrazione in cui si sono incontrati per caso quattro anni fa.

«Lavoravamo nello stesso posto, poi abbiamo buttato giù una traccia ed è subito schizzata in alto agli ascolti», ricorda Emanuele. Un reato non dare corda al loro talento in doppio. È così che son nati prima di macinare successi. E sollevare polemiche sul web con la versione dance elettronica di “Bella Ciao” con la leggenda Steve Aoki. Milanesi che fanno musica da sempre anche se Emanuele ha in tasca il tesserino da giornalista e Alessandro «ero tentato di fare medicina», dopo due edizioni di Tomorrowland in Belgio – nel 2015 e l’anno scorso –, stavolta se la giocano a due passi da casa. Sabato a Monza per la prima edizione di Unite with Tomorrowland. «Siamo sicuramente più felici qui in Italia, ti esibisci davanti a un pubblico che senti più vicino. Ha tutto un fascino particolare», confessano i Marnik. E poi, per loro il Parco di Monza sarà un ritorno. Già avevano suonato agli MTV Digital Days sul prato dei giardini reali con la Villa come scenografia: «Uno spettacolo». Rieccoli i due ragazzi della dance. Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, che spacca. «A settembre usciremo con canzoni nuove – anticipa Emanuele –, cercheremo di riportare in auge la musica dance firmata italiano. Canzoni che arrivino a tutti, senza selezione di settore». Mica facile. «Questo è diventato un mestiere duro, la gente si dimentica in fretta di te – spiega Emanuele –. Viviamo in un periodo in cui tutti cercano di tirar fuori il coniglio dal cilindro e soprattutto la tecnologia ha aperto le porte a chiunque. Si è abbassata l’età dei producer ma allo stesso tempo si è abbassata pure la qualità».

È una continua rincorsa in un mondo in cui non c’è un suono più forte di un altro. E non ci sono nemmeno le canzoni. Si sbatte la testa a concentrarsi sul sound perché ogni sei mesi cambia. Usa e getta. È un circolo vizioso. E «ti ritrovi costretto a buttar fuori roba per restare al passo». Anche i Marnik lo fanno. In una continua contaminazione: «Sperimentiamo cercando, però, di lasciare la nostra impronta, a prescindere dal genere». E dalla location. Perché Festival o club, per i Marnik il posto migliore è sempre «quello dove ci si diverte». «Il club è più intimo mentre i festival ti danno una botta incredibile. Monza, arriviamo». E poi, chissà, resta sempre «il sogno di lavorare con Armin».