Giannina Fontana, dal commercio di casalinghi col camion all'impero Kasanova

La storia di un'impresa partita da un mutuo con un tasso dal 25%. La nuova sfida del colosso brianzolo da 300 milioni di fatturato è l'e-commerce

Giannina Fontana

Giannina Fontana

Arcore (Monza Brianza), 9 ottobre 2018 - Dal camion su cui viaggiava da ragazzina insieme al padre «a caccia di clienti» a internet «perché il futuro è negli acquisti online». Giannina Fontana non si ferma mai. Settantanove anni, è lei la fondatrice di Kasanova, la più grande catena di casalinghi d’Italia. E ancora oggi, nonostante lei dica «ho passato la mano ai miei figli, in azienda non mi ascolta più nessuno», tutti i giorni controlla le vendite dei “suoi” negozi (oltre 300) per «capire chi perde e chi guadagna». «Nei prossimi anni investiremo sull’e-commerce. Non si può fare altrimenti. Alcuni commessi mi dicono che la gente entra in negozio, studia i prodotti, prende il telefonino, va su internet e se trova un’offerta migliore acquista online davanti ai commessi», sorride.

Sì, perché per una come lei che è stata sempre un passo avanti agli altri, le sfide vanno sempre raccolte. Sin da quando 14enne girava la Brianza sul camion insieme al padre Mario (era il ‘45) e tutti dicevano «non è una cosa da femmine», oppure quando da poco 18enne, alla morte del papà, sarà lei a guidare quel furgone (cosa rara per quei tempi). Lei e la mamma porteranno avanti il negozio di famiglia «tirando su i due fratellini più piccoli». Negli anni ’60 fonda la Fratelli Fontana, attività di vendite all’ingrosso di prodotti per la casa di livello medio-basso. Nel ’94 la svolta. Si inventa il marchio Kasanova e inaugura, uno dopo l’altro, decine di negozi in franchising. Ma non si ferma qui. «Da me venivano sposini che si lamentavano perché avevano ricevuto 4 posacenere uguali in regalo. Così ho pensato di “inventarmi” la lista nozze». Un successo «anche se oggi non si usa più. I giovani vanno prima a convivere e quindi quando si sposano in casa hanno già tutto», spiega Giannina. «Avevo pochi soldi e tante idee. Mi serviva un magazzino con show-room. Individuai un terreno a Concorezzo. Mi servivano 190 milioni di lire. Chiamai mio marito che lavorava in banca e dissi: “Pino mi serve un prestito”. Quando seppe la cifra mi diede della matta. Ma poi un po’ con l’aiuto dei miei suoceri, un po’ con un mutuo, tasso al 25%, riuscii a comprare il terreno e a costruire».

Ora sono i figli a portare avanti l’azienda. Mario Brambilla, attuale presidente, Silvia, che si occupa di sicurezza e Alessandro «un ragazzo speciale» che lavora in archivio. Un Gruppo con 350 negozi (uno anche all’estero, a Nizza, e prossimamente uno in Libano), 1.700 dipendenti (la maggior parte donne, età media intorno ai 33 anni) e un fatturato che si aggira sui 300 milioni di euro. E non c’è solo il marchio Kasanova. «Ci sono anche i marchiCo.import, l’Outlet del Kasalingo e Kikke». Ma Giannina non si è montata la testa. «A me è sempre piaciuto vendere, stare in negozio», dice e fino a qualche mese fa era possibile trovarla tutti i giorni nello show-room di Concorezzo. «Ora devo accudire mio marito che non sta bene», confessa tranquilla: «Mi alzo alle 6, alle 7 vado a messa, faccio la spesa perché poi alle 8,15 devo essere al lavoro». E già la spesa. E con la chiusura dei centri commerciali alla domenica come la mettiamo? «Sarebbe un disastro. La domenica è il secondo giorno d’incasso dopo il sabato. Saremmo costretti a lasciare a casa alcuni dipendenti. Piuttosto, se proprio vogliamo fare un favore alle famiglie, suggerirei la chiusura anticipata alla domenica, così che possano tornare a casa a cenare», dice Giannina per cui «la famiglia è importantissima. Senza la mia, nonostante le difficoltà, non avrei fatto nulla nella vita».