BARBARA CALDEROLA
Cronaca

Sfogliando la storia. I tessuti della regina e i primi aperitivi della Cavenago da bere

Le radici economiche del borgo ricostruiscono l’identità della comunità. E tornano alla luce documenti, foto e testimonianze di operai e imprenditori.

Ha scavato nell’archivio comunale per scrivere la vita delle fabbriche e delle botteghe che hanno fatto la storia del paese. Ricostruendo le radici economiche del borgo alle porte di Monza, Italo Mazza, architetto e storico, si è trasformato in detective su incarico dell’amministrazione e ha restituito alla comunità un pezzo di identità che rischiava di perdersi per sempre. Un lavoro certosino durato quasi tre anni portato avanti con rigore scientifico per raccontare le vicende di marchi che catapultano questo spicchio di Lombardia fra i protagonisti del XX secolo. Domani, nel Salone di Apollo alle 11 l’autore insieme alla storica dell’arte Paola Barbara Conti presenterà al pubblico la ricerca, “Ditte e botteghe a Cavenago di Brianza“. Un salto indietro nel tempo, al centro, "storie di donne e di uomini, operaie, tecnici, amministratori locali, commercianti, sacerdoti, imprenditrici che hanno tracciato il volto della Cavenago odierna", spiega Mazza. Così alla memoria collettiva è stata restituita la “Schmid“, l’azienda di damaschi, broccati e lampassi in seta pura con una cliente d’eccezione: Elena di Montenegro, regina d’Italia, che ordinava in Brianza la preziosa stoffa del manto regale.

"Dai telai di casa ne uscivano al massimo 10 centimetri al giorno – rivela il professionista – un’opera impensabile oggi". Come la sua per l’indagine di archeologia industriale, che gli ha permesso di riannodare i fili fra passato e presente. Un progetto editoriale inedito che dai documenti l’ha portato a casa di protagonisti ed eredi di tante attività. Così sono stati scoperti anche "beni artistici dimenticati come Villa Clotilde, proprietà del vecchio Salumificio Mauri, ormai dismesso". Perno dello studio, "le imprese che hanno caratterizzato il tessuto produttivo del territorio tracciando i presupposti della realtà attuale".

Fra i prodotti più famosi nati qui, che hanno segnato un’epoca, “City“, il selziere della Cima (Centro italiano macchine automatiche) in acciaio inossidabile 1810 con valvola per calibrare il getto del seltz, brevetto di Luigi Pisati, il ragioniere ex pugile che aprì lo stabilimento in città nel 1966 e creò quello che in poco tempo sarebbe diventato un vero oggetto di culto, "primo e unico al mondo con dosatore, vincente pop, indispensabile – racconta l’architetto – grazie al quale regalò a tutta Cavenago aperitivi ghiacciati anticipando di dieci anni la Milano da bere". Successi recuperati grazie a una lettura architettonica frutto dell’approfondimento paziente di cento anni di pratiche edilizie, dalla "casa d’abitazione con negozio" per le botteghe a "fabbricato industriale" o "capannone" per la manifattura.

Ci sono anche "le voci dei protagonisti, impresari ed esercenti o dei loro pronipoti, alcune realtà resistono da più di 100 anni – sottolinea Mazza – tutto corredato da immagini, disegni, testi e da tabelle comparative dei vari tipi edilizi, mutabili a secondo degli stili che hanno attraversato il Novecento". È il tessile ad avere fatto la parte del leone come racconta il focus firmato Conti, che fra Milano e Cavenago ha riportato alla luce griffe scomparse, come la “Paroli“, che nell’immediato dopoguerra affittò i propri locali alla maison Rubelli, brand del lusso ancora adesso amato in tutto il mondo.