SONIA RONCONI
Cronaca

Seveso, a 46 anni dal disastro diossina le analisi col georadar sulle vasche dei veleni

Via alle analisi sui due serbatoi interrati dove sono st occati i resti del dramma Icmesa del 10 luglio 2022

7 - Seveso, 40 anni dalla nube di diossina dell'Icmesa

7 - Seveso, 40 anni dalla nube di diossina dell'Icmesa

Seveso (Monza) - Sono passati 46 anni dal 10 luglio 1976, quando il disco di una valvola di sicurezza nel reattore del triclorofenolo si ruppe, liberando sullo stabilimento dell’Icmesa e sui vicini abitati di Meda e Seveso una nube tossica. Il nome della diossina divenne noto così in Italia. Dodici mesi fa, nel 45esimo anniversario del disastro, che provocò cloracne ai bambini e fece sgomberare interi paesi e demolire quartieri abitati, il sindaco della cittadina brianzola si dimise fra l’altro per "omissione di controlli e zone d’ombra nel monitoraggio sulle vasche della diossina". Sopra le vasche, due enormi serbatoi coperti da cemento dalla capienza totale di 280mila metri cubi, costruiti per ingoiare terreno contaminato, macerie di abitazioni e dello stesso stabilimento, animali e macchinari usati nella bonifica, negli anni è cresciuta un’oasi naturale, il Bosco delle Querce. È in quest’area, gestita dall’Ersaf, l’ente forestale della Regione, che insieme allo stesso Pirellone e al Comune che qualcosa finalmente si è mosso. Avviato l’appalto per le indagini con il georadar, per monitorare la situazione delle vasche. Dal 26 aprile è invece l’asportazione del percolato, l’accumulo di liquidi sul fondo dei serbatoi. Dalle misurazioni preliminari sembra non ci siano anomalie.

«Le vasche invecchiano ed era necessario effettuare interventi di manutenzione che la Regione ha affidato a Ersaf con un finanziamento di 500mila euro – spiega il geologo medese e presidente del Wwf Gianni del Pero –. Ersaf continuerà a curare gli aspetti forestali e coordinerà le operazioni di monitoraggio dell’efficienza degli impianti per garantire la massima sicurezza. Il rispetto che si deve ai luoghi della memoria del Bosco delle Querce passa quindi anche dalla sua tutela, valorizzazione e conservazione, non possiamo permetterci di perderne nemmeno un pezzo magari per farci qualche inutile strada", dice il tecnico e ambientalista. Il riferimento è alla nuova Pedemontana, che dovrebbe lambire l’area e portare a bonifiche del terreno che ancora porta tracce del disastro. "Per noi è sempre il 10 Luglio 1976 – dice Del Pero –. Anche a 46 anni di distanza. Anche perché dopo tanto tempo nei terreni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio la diossina c’è ancora, qualche decimetro sotto la superficie. Certo, non è presente nell’aria e, a meno che non si decida di movimentare terreni senza precauzioni, non si disperde più – aggiunge –. Alcune attività agricole e zootecniche sono però ancora esposte al rischio di accumulare diossine nel prodottii". Oggi, il Bosco delle Querce di Seveso e Meda, è il luogo della memoria e del riscatto, sorto sull’area più contaminata e poi bonificata. Del Pero sulla pagina web del Wwf regionale ha curato la sezione in cui è minuziosamente raccolta tutta la cronologia storica del primo grande incidente industriale che fece nascere un embrione di coscienza ecologica. E su quella bacheca i ricordi personali fioriscono.