STEFANIA TOTARO
Cronaca

Quando arrivò Bartolini, Bames era in perdita

La ricostruzione del curatore fallimentare a proposito della fine dell’azienda ex fiore all’occhiello della Silicon Valley brianzola

di Stefania Totaro

"All’ingresso del Gruppo Bartolini nel 2007 la Bames aveva già ricavi insufficienti a coprire i debiti con una perdita di 6 milioni di euro e anche i bilanci seguenti sono risultati in perdita fino a quello del 2011 con un buco di 4 milioni di euro circa, l’ultimo prima del fallimento nel 2012".

È la ricostruzione in aula del liquidatore della società vimercatese, ex Ibm fiore all’occhiello della Silicon Valley brianzola e finita invece per chiudere i battenti nel 2013 lasciando a casa 480 lavoratori.

L’esperto è stato sentito ieri come testimone al processo al Tribunale di Monza che vede imputati di bancarotta fraudolenta Vittorio Romano Bartolini, ritenuto con i due figli Selene e Massimo (già condannati a 4 anni e 8 mesi in abbreviato e anche al risarcimento per danno morale di 5.000 euro a ciascuno della settantina di lavoratori che si erano costituiti parte civile al processo) amministratore di fatto della Bames, i due manager Luca Bertazzini e Giuseppe Bartolini (solo omonimo dei familiari indagati), nonché i tre professionisti membri del collegio sindacale Riccardo Toscano, Angelo Sandro Interdonato e Salvatore Giugni e anche l’israeliano Cats Oozi come ex amministratore di Telit Italia. Sotto accusa un contratto di lease back e un finanziamento con cui Bames ha ottenuto circa 87 milioni di euro. Denaro che, in base alle ricostruzioni della guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Monza, è servito per acquistare partecipazioni in altre società e per finanziare altre aziende del Gruppo. Poi il coinvolgimento dell’israeliano Cats Oozi, imputato, in qualità di ex amministratore di Telit Italia, di avere dissipato 16 milioni di euro ai danni della Bames a favore di Telit Communication attraverso la controllata Telit Wireless Solutions. Il liquidatore ha testimoniato il fatto che i Bartolini non hanno mai consegnato il libro dei cespiti. "La società portava nel bilancio del 2007 circa il cinquanta per cento dell’attivo pari a circa 3 milioni di euro per le immobilizzazioni dei materiali e il resto dell’attivo per crediti, che poi si sono dimostrati inesigibili perché relativi a soggetti falliti - ha dichiarato il liquidatore - Ho spiegato a Vittorio Romano Bartolini e a sua figlia Selene la necessità di farmi avere il libro dei cespiti ma mi era stato detto che non era disponibile". Il pm Rosario Ferracane ha chiesto conto del comportamento in quegli anni dei sindaci della Bames. "Segnalarono criticità già dal 2007 e nel 2012 alcuni si dimisero dalle cariche - ha spiegato il liquidatore - Lo stato di crisi finanziaria stava mettendo in pericolo la continuità aziendale e anche gli interventi dei finanziamenti da Bames pari a 1,4 milioni di euro non hanno scalfito la situazione disastrosa". Il dibattimento è stato seguito da una piccola rappresentanza di ex lavoratori Bames, mentre gli altri erano ancora riuniti all’esterno del Tribunale in presidio.

"Noi non molliamo e andiamo avanti a sostenere fino in fondo la nostra battaglia", hanno dichiarato. Si torna in aula il 18 novembre ancora con la ricostruzione delle accuse, negate dagli imputati secondo cui l’obiettivo è sempre stato quello di salvaguardare e rilanciare la società nello scenario dell’economia della Silicon Valley brianzola allora in trasformazione.