Ora torno a consegnare anche parole e sorrisi

Marco Spena, postino ai tempi del Covid: "Appena arrivato a Monza è scoppiata la pandemia, in giro c’eravamo solo noi e le ambulanze"

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di Marco Galvani

Per lui Monza è sempre stata zona bianca. Mentre tutta la città e l’intero Paese erano chiusi in casa nel primo lockdown, lui e i suoi colleghi non si sono mai fermati. Mai un giorno di assenza. "Per strada c’eravamo solo noi e le ambulanze che andavano e venivano dall’ospedale". Ma adesso Marco Spena è tornato ad assaporare la (quasi) normalità. Ogni giorno, nel suo giro per le strade del quartiere, incontra nuovamente le famiglie, i commercianti, i liberi professionisti, i ristoratori, i pensionati. E ritrova anche "i sorrisi della gente nascosti dietro le mascherine" e quelle "quattro chiacchiere scambiate soprattutto con gli anziani che ti aspettano al citofono o al cancelletto di casa".

Una boccata di ossigeno. Come un sospiro di sollievo. Oggi, a guardarsi indietro, Marco pensa ai 400 giorni di emergenza sanitaria. Iniziati quando lui a Monza era arrivato da un mese scarso. Calabrese di Lamezia Terme, un passaggio a Perugia e poi l’assunzione a tempo indeterminato in Poste Italiane.

Destinazione: Monza. "Ho avuto giusto il tempo di imparare un po’ le strade, poi hanno chiuso tutto anche se all’inizio c’era confusione finché gli ospedali hanno iniziato a riempirsi – ricorda –. Al telefono la mia famiglia e i miei amici in Calabria ascoltavano i miei racconti come se arrivassero da un altro pianeta. Poi, però, l’emergenza è arrivata ovunque". E in quelle settimane "dall’incoscienza perché non si sapeva nulla del virus, un po’ di paura è arrivata. Ma vai avanti lo stesso, con tutte le precauzioni del caso". E "mai mi sono detto ’chi me l’ha fatto fare’ – confessa –. Sapevo, come i miei colleghi, che non potevamo mollare perché, in fondo, abbiamo contribuito a tenere collegato il Paese".

Nemmeno le ’leggende’ che aveva sentito sul freddo e sui nebbioni della pianura padana lo hanno fermato: "Mi aspettavo molto peggio". Piuttosto "quel primo periodo in cui tutti ci siamo trovati catapultati in un mondo marziano ha fatto capire quanto fosse importante il contatto, scambiarsi un saluto e un sorriso anche con chi conosci soltanto dal nome sul citofono".