Investire per crescere o per sopravvivere. In ogni caso per essere competitivi. È questo il messaggio lanciato in Villa Reale da EY, leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, in occasione del premio “L’imprenditore dell’anno“. A tracciare la strada ci ha pensato anche Aldo Fumagalli Romario, presidente e amministratore delegato del gruppo brianzolo Sol. "Bisogna investire e guardare un po’ più in là – ha affermato – cercando nuovi mercati e puntando sull’internazionalizzazione. Offre un duplice vantaggio: permette di ridurre i rischi che possono essere legati alla situazione italiana del momento, ma soprattutto dà a tutti l’occasione di crescere. Ci si confronta con altre realtà. Solo così si impara a fare meglio. Noi nel 2000 eravamo in 12 Paesi del mondo. Ora siamo in 32 Paesi con 7mila dipendenti e un fatturato di 1,5 miliardi di euro. Giganti? No, siamo piccolissimi rispetto ad altre aziende del settore, però cerchiamo di investire e di trainare una filiera italiana all’estero. Si fa fatica, certo, ma i risultati ripagano di tanti sforzi".
"Le imprese italiane sono tenaci – ha spiegato Massimo Meloni, EY private leader & assurance market leader –. Il 99% è pronto a investire nel prossimo biennio. Questo spirito di iniziativa ci spinge a premiare le aziende che si distinguono per la loro capacità di innovare e per l’impegno e la sostenibilità in settore chiave del territorio. Il 96% delle aziende punta sulla sostenibilità, oltre il 90% pensa allo sviluppo tecnologico, il 75% guarda con interesse l’intelligenza artificiale. In questa grossa sfida c’è una cosa che le accomuna tutte: le imprese italiane credono nel talento. Nell’era della tecnologia, insomma, l’uomo è ancora al centro di tutto". "Il 37% degli imprenditori eccelle per dedizione – aggiunge Enrico Lenzi, partner di EY –, il 46% per creatività, il 39% per la scelta di collaboratori competenti. Non ci si può adagiare. Gli imprenditori sanno che bisogna investire, ma bisogna che tutto il sistema faccia un passo in più: sta cambiando il modo di fare impresa, deve cambiare anche il modello formativo ripensando anche la scuola e l’università". Gli scenari cambiano e al giorno d’oggi bisogna guardare sempre di più anche a quelli internazionali, non essendo più pensabile di vivere felicemente nell’orticello italiano o brianzolo. E Paolo Grignani (Oxford Economics) avverte: "La crescita globale si è appiattita e rimarrà stabile. Non dobbiamo essere catastrofisti, ma non aspettiamoci neanche chissà quale miracolo nel 2025".
L’iniezione di fiducia è arrivata da Valeria Negri di Assolombarda: "I dati sono in calo o stabilizzati, ma direi che la Lombardia ha saputo adattarsi meglio di tanti altri a questa nuova situazione. L’export della Lombardia è pari a quello della Norvegia e due volte superiore al Portogallo e alla Finlandia. Il Pil (prodotto interno lordo) registra un +6,7% rispetto al periodo pre-Covid. Non è così scontato. Ci sono tuttavia segnali negativi da non trascurare: rallentamento della domanda estera, difficoltà di reperimento del personale utile alle aziende, difficoltà nell’accedere a prestiti". Ma Guido Guidesi, assessore regionale allo Sviluppo economico promette attenzione: "Un anno fa siamo diventati la prima manifattura d’Europa. Non ci siamo adagiati, abbiamo scelto di confrontare i nostri parametri con quelli degli altri. Vogliamo migliorare ancora. Come Regione nel 2025 penseremo ai distretti strategici, ma tutti devono fare la loro parte: serve che le aziende continuino a investire, che il mondo della scuola continui a formare e che le banche tornino a fare il loro lavoro di concedere prestiti. Se non crediamo nella competitività, ha ragione Mario Draghi: abituiamoci all’idea del declino. Noi vogliamo evitarlo".