"La nostra casa di fortuna sotto i portici"

La storia di Tiziana e degli altri senzatetto che popolano le gelide notti di piazza Cambiaghi

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di Alessandro Crisafulli

Mancano pochi minuti alle otto di sera. Le luci dei negozi si spengono. Reggono quelle della ruota panoramica, del villaggio di Natale, dei locali serali. Che non arrivano, però, a illuminare la vicina piazza Cambiaghi. Si muore dal freddo in quella che è la zona preferita dai senzatetto “monzesi“. A due passi dal centro storico, ma isolata. Con il lungo porticato dove ripararsi almeno dalla pioggia. La schiera di materassi e giacigli è piuttosto nutrita. Alcuni posti letto sono ancora vuoti, forse è presto. Altri già occupati. A pochi metri, coppie e gruppi di amici ben vestiti per la serata, parcheggiano e a passo svelto vanno verso ristoranti e pub, nella totale indifferenza.

Arriva un uomo, claudicante, vestito di stracci, una stampella. È straniero. Controlla la situazione. Poi si prepara il letto: "Dormo qui con un mio amico – dice, con le poche parole di italiano che conosce –. Abbiamo freddo ma non sappiamo dove andare". Pochi metri più in là, tra il groviglio di coperte, davanti alle vetrine abbandonate e spaccate della Regione, si intravede una donna. Cerca di dormire, ma a ogni rumore strano apre gli occhi, monitora, si riaggomitola dall’altra parte. "Ciao, ti vanno delle focaccine?". "Sì, grazie", si sfrega gli occhi. "Ti va di parlare?". "Parliamo". Si chiama Tiziana, ha più di 50 anni, due figli: "Uno dorme qui con me, in quel materasso poco più avanti, adesso è in giro con gli amici – dice –. L’altro è a casa dei miei". Non c’è posto per te? "No, lì c’è mio fratello, ma non andiamo d’accordo, non voglio andarci".

Accanto al giaciglio qualche bottiglia di birra vuota, e una manciata di sacchetti pieni di vestiti e altri beni di prima necessità. "È la mia roba e quella che mi portano. Ci sono persone che mi fanno dei regali, poi più tardi passano la Croce Rossa e i City Angels". Il cappello di lana arriva fin sotto le orecchie. "Fa freschino, ma non lo soffro, ho cinque coperte. Ormai ci sono abituata. Sono qui da sei anni". Sei anni sotto un portico. "Nei prossimi giorni dovremmo entrare al dormitorio perché si liberano dei posti, almeno stiamo un po’ al caldo".

Una casa? "Devo aspettare il bando per le case comunali – sospira – chissà...". Senza nessuna remora si racconta. I guai famigliari. La giornata in giro senza meta. Il pranzo dai Frati. Il lavoro di un tempo, le pulizie nei condomini: "Adesso cerco un po’ spargendo la voce tra i conoscenti, ma non si trova nulla". Sembra rassegnata a questa vita. Nel letto più avanti un ragazzo tossisce forte. Un paio di giovani gli fanno un urlo. Sente, si alza e li raggiunge: tre ragazzi, avranno sui 25 anni, che si allontanano verso il buio della periferia. "Quello alto è mio figlio, non lavora, sta cercando". Non hai paura a dormire qui? "No, qualche anno fa la situazione era più pericolosa, adesso invece sono tranquilla".

Tra poco, il Natale, dove in tanti esprimono desideri, "io ne avrei parecchi... la casa sarebbe il primo". Si avvicina un uomo: "Hai da accendere?". è in area Cambiaghi "da qualche settimana – racconta dopo un po’ di diffidenza –. Mio padre è morto di recente. Stavamo in una casa Aler in un paese qui attorno. Era malato. Aveva un debito grosso, non abbiamo potuto fare la successione". Così, è rimasto senza casa. Ha poco più di 30 anni. "Sono stato prima al dormitorio qui a Monza, ma ci sono troppe regole da rispettare. Poi ospite di un signore di 74 anni qui in zona, ma mi ha mandato via. E sono qui". Di giorno cerca di arrangiarsi: "Prendo il reddito di cittadinanza, ma quello se ne va subito. Faccio qualche lavoretto, in nero, soprattutto sgomberi di cantine e locali. Ho l’attestato da panificatore, ma non mi piace. Per ora vivo così, alla giornata, poi si vedrà".