DARIO CRIPPA
Cronaca

La decima occupazione. Dal Collettivo Monzese al Foa Boccaccio: una storia lunga vent’anni

Gli antagonisti sono tornati alla carica a un mese dall’ultimo sgombero in via Timavo. Questa volta hanno scelto un’azienda abbandonata alla periferia della città.

La decima occupazione. Dal Collettivo Monzese al Foa Boccaccio: una storia lunga vent’anni

La decima occupazione. Dal Collettivo Monzese al Foa Boccaccio: una storia lunga vent’anni

Iniziao tutto il 12 luglio di 20 anni fa. Un gruppo di ragazzi, fra loro anche ex studenti del liceo classico Zucchi, prendono possesso dell’ex Macello in via Procaccini. "Occupare non è un reato ma l’esigenza di chi non ha un’alternativa": scrivono su un volantino.

Era durata poco. Trattandosi di un edificio pubblico, nonostante le trattative con l’allora assessore all’Istruzione (e attuale sindaco) Paolo Pilotto e professore di religione proprio di alcuni di quei giovani, lo sgombero era arrivato nel giro di poche ore. Non sarebbe stato il primo. Tra occupazioni, sgomberi e rioccupazioni, l’esperienza del centro sociale di Monza non è mai tramontata. Era nata la cellula dell’attuale Foa (Fabbrica occupata autogestita) Boccaccio. Come ricostruito qualche anno fa dai suoi stessi protagonisti. "Si decide di puntare su un’area privata, l’ex tintoria de Simoni di via Boccaccio, in disuso da tempo e abbandonata del tutto dopo l’alluvione del 2002". Dopo l’occupazione nel novembre 2003, "negli ottomila metri quadri in riva al Lambro prende vita ufficialmente l’esperienza della Fabbrica Occupata Autogestita Boccaccio 003. Dopo solo un paio di settimane ci sgomberano, ma il gruppo non demorde". Il 24 aprile 2004 si occupa di nuovo di nuovo in via Boccaccio: dura fino a luglio 2008. Dopo il tentativo di occupazione (subito abortito) nel dicembre del 2008 in via Arnaldo da Brescia, nel giugno 2009 tocca all’ex cinema Apollo, in via Lecco. Sarà il momento più “caldo”, lo sgombero va in scena pochi giorni dopo e non sarà pacifico, fra manganellate, ma anche calci negli stinchi ai poliziotti. Altre occupazioni e sgomberi (via Aspromonte, via Durini), e nell’ottobre 2011 quello che sembra l’approdo definitivo: l’ex campo sportivo Verga di via Rosmini 11. Ma nulla è mai definitivo, specie se illegale. Il Cai di Monza compra l’area nel 2019 per farci anche una parete da arrampicata. Nel 2021 lo sgombero. "È stata ripristinata la legalità", aveva commentato il sindaco Dario Allevi. "Non bisogna rischiare di cadere nell’equivoco della contrapposizione politica. La questione è molto più semplice: un’area privata non può essere occupata abusivamente. Il nostro ordinamento non prevede l’esproprio proletario. Riteniamo che nella nostra città non possano esistere “zone franche” e l’occupazione non poteva essere più tollerata". Ma il Boccaccio non molla. Tempo pochi giorni e si sposta di una cinquantina di metri e occupa l’ex deposito di autobus di via Timavo 12. Ricomincia il balletto, le proteste dei residenti, il cambio di Giunta, poi arriva il nubifragio dello scorso 24 luglio. Volano tetti, si scopre che dentro c’era amianto. Un ottimo pretesto.

E il primo agosto va in scena l’ennesimo sgombero: il Boccaccio deve sloggiare. Ma dura poco. Terminata l’estate (e le vacanze), il Boccaccio il 21 settembre torna a occupare: in via Val D’Ossola 4. Un’ex lattoneria abbandonata. Vicino alla Fossati Lamperti. Privato. Lontano dagli occhi e lontano dal cuore, per il momento.