La battaglia di mamma Ester: “Mio figlio Gabriele è andato al lavoro e non è più tornato. Ora combatto per lui”

La madre del giovane operaio di Cavenago stritolato da un macchinario nel 2019: "Vivo l’ergastolo del dolore, ma vado in fabbriche e scuole per dire basta"

Ester Intini

Ester Intini

Cavenago (Monza e Brianza) – "Per me è qualcosa di forte tornare qui, dove mio figlio giocò quando aveva otto anni, prima di andare al Milan per alcune stagioni. Io torno qui, dove siamo stati insieme, mentre lui quel maledetto giorno di cinque anni fa, dopo essere andato a lavoro, non è più tornato a casa...". Una testimonianza quanto mai significativa, ieri mattina alla Coppa del Mondo del Lavoro a Monza, quella di Ester Intini, mamma di Gabriele Di Guida, il ragazzo che il 10 aprile 2019 morì stritolato in un macchinario della ditta Silfa di Sulbiate.

"Aveva 25 anni – lo ha ricordato la mamma prima dell’inizio della manifestazione a Monzello –, era stato assunto in quell’azienda da soli due mesi e mezzo. Ed era stato mandato allo sbaraglio: senza formazione, senza sicurezza. Senza le dovute attenzioni: mio figlio è rimasto schiacciato da quel macchinario per ben 28 minuti, senza che il responsabile della sicurezza né i suoi colleghi operai se ne accorgessero". Parole che hanno rimbombato in maniera nitida sul campo verde del centro sportivo monzese, per cercare di sensibilizzare ulteriormente tutte le persone, le istituzioni, le associazioni di categoria presenti. Perché tragedie come quelle di Gabriele e di tanti, troppi, lavoratori di ogni età e latitudine, vengano arrestate o almeno limitate più possibile.

Per questo, subito dopo la fine della pandemia, Ester ha deciso di scendere in campo con grande forza e determinazione. Per cercare di mandare in rete la sicurezza sul lavoro. Partendo dalle nuove generazioni, nelle scuole, ma andando anche nel cuore del lavoro, nelle aziende: "Vogliamo lavorare soprattutto sulla formazione e sulla prevenzione – dice –, anche nei confronti di quei ragazzi che vanno nelle aziende a fare l’alternanza scuola-lavoro, con tutti i rischi che si conoscono. Vogliamo portare speranza, contro le stragi, per far sì che tutti, dopo la giornata lavorativa, possano tornare a casa, dalle proprie famiglie".

Per portare la sua missione in Brianza, ma anche su tutto il territorio nazionale, è nata l’associazione “Gabry nel cuore" con sede nel suo paese, Cavenago, che raccoglie fondi da destinare alla sua missione: "Qui in provincia abbiamo già fatto incontri ed eventi a Monza, Vimercate, Seregno, Lissone – racconta la signora Ester – incontrando tanti studenti e tanti lavoratori. Ma abbiamo fatto tappa anche in altre città italiane e continueremo a farlo". Anche insieme ad Anmil, l’Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, di cui è diventata testimonial e che in Brianza ha diverse sedi. "Basta morti sul lavoro – il suo appello –, adesso siamo passati anche a vere e proprie stragi. Forse sarebbe ora di passare ai fatti, all’inasprimento delle pene, all’essere concreti". Fatti concreti, azioni, leggi, controlli, contro fiumi di parole che si ascoltano sui media, dopo ogni morte bianca e che poi svaniscono al vento. Di certo Gabriele, da lassù, fa il tifo per lei, per tutti coloro che cercano di fare squadra su questo fronte e per la sicurezza sul lavoro. Quella che quel maledetto giorno mancò del tutto.

Meno di 45 giorni dopo dalla sua assunzione, era già stato nominato responsabile della linea di verniciatura. Il giovane morì trascinato per il braccio da un rullo dopo essere rimasto incastrato con una mano e stritolato per 28, interminabili, minuti. Una vicenda che ha già visto patteggiare tutti i colpevoli. "Loro hanno tutti patteggiato e invece noi conviviamo ogni giorno con l’ergastolo dell’assenza di Gabriele", fu l’amaro commento di mamma Ester dopo la lettura delle sentenze. Ma Ester va avanti per Gabriele. Non si abbatte e continua nella sua partita, nella sua battaglia.