ALESSANDRO CRISAFULLI
Cronaca

Il sopravvissuto. La lezione di Mondini: "Si lavora per vivere. Non certo per morire"

Una folgorazione gli ha causato 40 operazioni, l’amputazione e il bypass. Oggi la sua missione è sensibilizzare istituzioni e società civile sulla sicurezza.

Il sopravvissuto. La lezione di Mondini: "Si lavora per vivere. Non certo per morire"

Matteo Mondini di Cesano Maderno durante una recente manifestazione davanti al Tribunale di Monza

Dopo ogni morte bianca, lo scenario è sempre lo stesso: parole, parole, parole. Una commedia, nel dramma. Per fortuna c’è chi prova a lottare, realmente, per fermare la strage. "Perché si lavora per vivere, non per morire", ripete da tempo Matteo Mondini, 42enne brianzolo sopravvissuto a un terribile incidente sul lavoro, una folgorazione, che gli ha causato un calvario di 40 operazioni chirurgiche, l’amputazione di un braccio, il bypass. Un calvario che non lo ha fermato, anzi gli ha dato la forza, incredibile, di diventare un testimonial per la sicurezza sul lavoro, battendosi quotidianamente nelle aziende, nelle scuole, nei territori, sui social network.

Lei ripete sempre quello slogan, ma lo abbina anche a fatti concreti. Partiamo però dalla reazione che ha, quando le arrivano le notizie di queste tragedie.

"Per me è sempre una grande sofferenza, una ferita che si riapre, visto che io sono un sopravvissuto, so cosa significa. Siamo al quinto morto quest’anno nella mia provincia, è assurdo, incredibile, le morti bianche che non danno tregua, non vanno in vacanza. Nell’ultimo caso era anche molto giovane, aveva una vita e tanti progetti davanti a sé. Un grande abbraccio a tutti i suoi cari: il loro dolore è anche il mio".

Dopo la prima reazione, cosa scatta?

"Da un lato c’è lo sconforto, per questa scia di sangue. Dall’altro c’è la speranza che un giorno, speriamo non troppo lontano, si possa fermare questa strage".

Lei è in campo. Da anni. Con una forza incredibile. Ma dopo i primi interessamenti delle istituzioni adesso sembra quasi combattere da solo. Cosa fa? Come fa?

"Con il mio Safetytour quest’anno ho già fatto quasi 20 tappe, su e giù per la penisola, da Bolzano e Lecce, passando per Milano, La Spezia, Viareggio, Verona, Carpi, Foggia, solo per citare alcune città. Sono stato in tante aziende, in qualche scuola e comune. Siamo a circa 9500 lavoratori, e studenti, incontrati, sensibilizzati. I feedback sono ottimi, dopo l’incontro si avvicinano, mi incoraggiano ad andare avanti: il mio racconto li tocca nel profondo, gli rimane. Per questo continuo. Per questo ho speranza".

Di recente ha anche avviato un nuovo format, dei veri e propri SafetyDay in azienda: come funzionano?

"Li organizziamo con gli amici di Sicurezza Comportamentale e Virtual Safety Lab, che hanno anche loro base qui in Brianza ma fanno formazione in tutta Italia. Si è creata un’ottima sinergia che va a beneficio dei lavoratori: vengono suddivisi in isole e partendo dalla mia testimonianza vanno poi ad ascoltare concetti di sicurezza, a provare la realtà virtuale, ad imparare come gestire le emergenze, poi fanno tappa dal fisioterapista per la movimentazione corretta dei carichi e tante altre situazioni personalizzabili".

Le istituzioni?

"Si è fermato tutto. Ero stato coinvolto da Regione Lombardia, qualche anno fa, per un video di sensibilizzazione. Ho avuto modo di parlare in Parlamento della problematica. Ma poi si è fermato tutto. Bisogna aumentare drasticamente i controlli, la formazione, e fare una enorme e capillare attività di sensibilizzazione. Faccio un appello al ministro del Lavoro Marina Calderone: incontriamoci, parliamone, inseriamo la testimonianza diretta nella formazione".

Una grande attività di sensibilizzazione la fa sui social network, con post, foto, video...

"Sì, fa parte della mia missione. Cerco di riproporre sempre la mia storia, il mio calvario, che sono riuscito a sostenere grazie all’amore della mia famiglia, per far capire che non devono più accadere queste tragedie. Tra i vari social sono arrivato a 130mila follower. Ma non basta. Mi aspetto più attenzione dai Comuni, dalle scuole. Sono pronto, chiamatemi. E trovo paradossale, assurdo, che mi chiamino più dal centro-sud che dalla Lombardia e dalla mia Brianza".