
Il furto impossibile nel Duomo. Un ragazzo volle impadronirsi della Corona Ferrea ma venne tradito dalle scarpe
Nel 1805, in occasione della sua incoronazione a Re d’Italia, Napoleone aveva provato a sottrarre la Corona Ferrea al Duomo di Monza e a farsela portare in Francia ("Dio me l’ha data, guai a chi la tocca" la frase pronunciata in Duomo a Milano cingendola).
Non gli sarebbe andata bene. I Monzesi, che avevano vegliato giorno e notte sul gioiello della città, erano riusciti a vanificare il piano.
Ma Napoleone non è stato l’unico a tentare di rubare la Corona con all’interno un chiodo della Croce di Gesù, almeno secondo la tradizione cattolica una reliquia di valore inestimabile, utilizzata per incoronare imperatori e sovrani fino ai Savoia.
Un altro caso dai risvolti grotteschi e sicuramente meno leggendario andò infatti in scena a metà degli anni Settanta. Per la precisione, nel 1975.
A cercare di impadronirsi della preziosa corona in quella occasione fu infatti un ragazzo senz’arte né parte di diciannove anni. Abitava in un comune dell’hinterland milanese e viveva di espedienti e furtarelli. Fionché un giorno non aveva deciso di fare il passo decisamente più lungo della gamba. E di provarci anche nella basilica più importante di Monza.
È un sabato mattina quando il giovane decide di entrare nel Duomo mescolandosi tra i fedeli. Ha in mente qualcosa di losco, però, e tira fino a mezzogiorno: all’epoca la basilica a quell’ora veniva chiusa al pubblico e avrebbe riaperto soltanto alle 15. Dopo aver studiato le “abitudini” del Duomo con circospezione probabilmente nei giorni precedenti, il diciannovenne approfitta della chiusura per nascondersi alla vista del sacrestano e rimanere all’interno del Duomo da solo.
A quel punto, ha ben tre ore a disposizione. Estrae dunque un coltello e si dirige allo sportello che protegge la Corona Ferrea: l’idea è di scassinarlo e impadronirsi del prezioso gioiello. Perché no, in fondo? Nel 1911 al Louvre di Parigi un imbianchino italiano, Vincenzo Pietro Peruggia, con uno stratagemma non troppo dissimile era riuscito a rubare addirittura la Gioconda.
Al ladruncolo di Monza le cose vanno decisamente meno bene. Non riesce neppure a scassinare lo sportello anche se non si lascia demoralizzare. E si dirige allora alla cassette delle elemosine. Riesce ad aprirne una e al suo interno raccatta tutte le monetine e soprattutto la generosa offerta lasciata da qualche fedele abbastanza danaroso: una banconota da cinquantamila lire. Un valore decisamente cospicuo per l’epoca. Un bel colpo, non c’è che dire. Il ladruncolo può ritenersi a questo punto soddisfatto.
Non ha fatto però i conti con la sfortuna. “Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”, recita il detto.
E in questo caso a rompere le uova nel paniere (del ladro) ci pensano infatti alcuni muratori. Stanno lavorando nei sotterranei della basilica, probabilmente il ladruncolo non se ne è accorto, e uno di loro, un manovale di una cinquantina d’anni, insospettito dagli strani rumori che sente provenire dalla chiesa, decide di andare a vedere.
Si ritrova faccia a faccia con il piccolo delinquente. Che, vistosi scoperto, reagisce estraendo una pistola che punta in faccia al ficcanaso. Il muratore spaventato scappa e corre a dare l’allarme. Sul posto piomba dunque una pattuglia dei carabinieri. Ma ormai del presunto ladro di cui parla il muratore non c’è più traccia. Per oltre un’ora comunque i militari setacciano la chiesa. Quando ormai stanno però per arrendersi, un ufficiale – il capitano – scorge però qualcosa di strano: c’è un vecchio mobile nella chiesa, le cui antine appaiono socchiuse.
Il militare le apre un po’ di più, giusto sino ad arrivare a metà e scorge spuntare dall’anta chiusa... un paio di scarpe. Con dei piedi dentro. A quel punto, "mani in alto, chi va là…" è il grido, il carabiniere intima allo sconosciuto di uscire senza fare scherzi e il giovane ladruncolo è costretto a ubbidire e ad arrendersi.
Il giovane tira fuori spiccioli e banconote e confessa quanto aveva fatto, aggiungendo in lacrime che aveva già commesso un furto analogo la settimana prima, riuscendo a prendere addirittura centocinquantamila lire di offerte.
E racconta che stavolta aveva pensato di mettere fine a tutti i suoi problemi rubando la Corona Ferrea, il gioiello dei sovrani. Si concluderà con una denuncia per minaccia a mano armata, detenzione di pistola scacciacani (l’arma era solo un giocattolo) e di un coltello con la lama lunga 15 centimetri.
E una menzione nella storia da novello Napoleone.