GABRIELE BASSANI
Cronaca

I frontalieri targati Brianza: lavorano in Svizzera ma pagano le tasse in Italia. La battaglia per lo “status”

L’odissea del residente di Misinto che ha convinto il Comune a far rimisurare le distanze. Ora è ufficiale: abitando a meno di 20 chilometri dalla dogana, godrà di un regime agevolato

Una frontiera

Una frontiera

Vent’anni di lavoro in Svizzera e di tasse pagate ingiustamente anche in Italia, pur avendo il diritto di essere riconosciuto come “frontaliere“. È partita dal caso di questo cittadino l’idea del sindaco di Misinto Matteo Piuri di rimisurare ufficialmente la distanza tra il suo paese e il confine, un’iniziativa che ha rivoluzionato la geografia della zona. Lui, il diretto interessato, non vuole fornire ulteriori dettagli e preferisce per il momento non rivelare nemmeno il suo nome, ma si può facilmente ipotizzare che il cittadino di Misinto che da anni sta combattendo la battaglia per il titolo di lavoratore frontaliero e accedere così ai benefici fiscali fissati dalle leggi e dagli accordi tra i due Paesi, ci ha rimesso almeno 150mila euro.

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Il suo comune di residenza, a spanne, potrebbe averci perso finora tra i 20 e i 25mila euro. Solo per lui. Ma poi ci sono anche gli altri, nelle sue stesse condizioni, sia a Misinto come in altri comuni della zona, che non hanno mai avuto accesso alle condizioni speciali concesse loro dalla legge, ovvero pagare le tasse da lavoro dipendente soltanto in Svizzera, dove non solo gli stipendi sono molto più alti, ma le aliquote fiscali sono molto più basse di quelle italiane.

"Se in Italia un operaio arriva a portare a casa a malapena 1.500 euro al mese, in Svizzera si parte dal doppio. Consideri che dal 2021 è stato introdotto il salario minimo a 19 franchi l’ora, che salirà entro la fine del 2023 a 19,50 franchi l’ora per arrivare nel 2024 a 19,75 franchi", racconta l’uomo (e si aggiunga che 1 franco svizzero vale 1,04 euro). "Per non parlare poi dei carichi famigliari e delle detrazioni, che in Svizzera sono valorizzati molto più che in Italia e a fine anno consentono ulteriori risparmi sulle tasse.

Che la questione non fosse chiara lo dimostra la stessa emanazione della Risoluzione 38E dell’Agenzia delle Entrate, del 28 marzo 2017, quella che fa da spartiacque tra un prima e un dopo per puntualizzare che "la qualificazione di frontaliero svizzero, delineata a livello convenzionale, è da riconoscersi ai lavoratori che siano residenti in un Comune il cui territorio sia compreso, in tutto in parte, nella fascia di 20 chilometri dal confine con uno dei Cantoni del Ticino, dei Grigioni e del Vallese, ove si recano per svolgere l’attività di lavoro dipendente".

Una risoluzione che è arrivata solo 15 anni dopo che la Svizzera, attraverso l’accordo con l’Unione Europea, ha consentito la concessione di permessi di lavoro anche a residenti fuori dalla famosa lista dei comuni frontalieri.

"Fino al 2002 non potevo nemmeno lavorare in Svizzera", dice il misintese. "Per mesi mi sono rivolto di persona o attraverso Pec o raccomandate agli uffici delle Imposte di Desio, Saronno, Cantù, Novara e Sondrio, senza mai ricevere un chiarimento definitivo che mi facesse sentire sicuro nel non presentare la dichiarazione dei redditi in Italia senza rischiare di finire nei guai per omessa denuncia". Per questo motivo, non trovando conforto nemmeno nello studio da commercialista a cui fa rifermento, ha sempre presentato la denuncia dei redditi anche in Italia, venendo quindi tassato secondo le regole italiane, dopo avere dedotto i versamenti effettuati in Svizzera. E pagando un sacco di soldi che oggi risultano non dovuti.