di Dario Crippa "La pacificazione ci fu subito, con l’amnistia. E dall’oggi al domani gli Italiani, sempre pronti a saltare sul carro del vincitore, si misero un fazzoletto rosso al collo e si trasformarono da fascisti in antifascisti...". Eppure, "i morti non sono tutti uguali. C’era chi combatteva per la libertà e chi per la dittatura. È una questione di principio". Confidava così al nostro giornale Egeo Mantovani, soldato, partigiano, sindacalista. Che oggi compie 100 anni. Un traguardo impensabile, a giudicare da quanto vissuto dal quel ragazzino partito dalle campagne dell’Emilia. Oggi che vive in una casa di riposo, Egeo Mantovani riflette: "Ho condotto una vita intensa, piena di impegni di lavoro e preoccupazioni. Nonostante questo però, ora che ho tempo per pensare, mi rendo conto che più numerose degli impegni sono state le riconoscenze, i messaggi di incoraggiamento e di supporto". Nato a Limidi, vicino a Carpi, figlio di un umile bracciante ("ma sapeva leggere e scrivere"), Egeo inizia a lavorare già a 12 anni e conosce la prima svolta quando si iscrive a un corso per motorista dell’Esercito. Si ritroverà in guerra, in Africa, da Tobruk a El-Alamein. Pericoli, fame, morte, imprese disperate: "È ancora vivo nella memoria il ricordo di quando, giovanissimo, mi furono consegnate le prime medaglie per aver salvato un intero gruppo di bersaglieri che stava per essere catturato dalle truppe inglesi. L’8 settembre 1943, dopo l’armistizio, riuscii con un’astuzia a sfuggire a un plotone tedesco e poi mi unii attivamente al Fronte della Gioventù". Divenuto partigiano ("senza mai uccidere nessuno"), raggiunge un capanno in montagna sull’Appennino Tosco-emiliano, "come nome di battaglia da allora mi chiamai “Giorgi”, preso in prestito da un bambino". Sono anni paurosi, terribili, di rappresaglie, entra poi in Magneti Marelli come operaio e coordinatore del direttivo sindacale, protagonista nella lotta per ...
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