Folgorato in cantiere perse braccio: "Dopo 10 anni niente risarcimento, ma io lotto"

Monza, la missione di Matteo: "Ho ripensato la mia vita, ora porto la sicurezza nelle scuole"

Una manifestazione di Matteo Mondini

Una manifestazione di Matteo Mondini

Cesano Maderno (Monza), 15 gennaio 2020 - Quando nel 2017 è tornato a casa dall’ospedale dopo l’ennesimo intervento, aveva deciso di indossare una felpa a maniche lunghe. Suo figlio Nicolò, il più grande, aveva 5 anni e non disse nulla. Mentre Tommaso, 2 anni, mise la testina dentro la manica per cercare di scoprire dove fosse il braccio destro. Matteo Mondini, 38 anni, e sua moglie Alice gliel’hanno spiegato: "Papà si è fatto male al lavoro". Era il 22 ottobre del 2010. Brianzolo di Cesano Maderno, stava lavorando alla ristrutturazione di un negozio in centro a Monza e fu investito da una scarica elettrica "perché non c’era il salvavita". Da allora ha dovuto subire 35 interventi, tra cui l’impianto di un pacemaker. Ma "sono un guerriero e i limiti sono solo nella nostra mente". E così "mi sono rimboccato una manica" per la mia famiglia e "ho deciso di dare tutto me stesso per fermare le stragi sul lavoro".

Lunedì, a Milano, l’ennesima tragedia sul lavoro. Le statistiche dicono che in Italia da inizio anno i morti sono già 18... "È inaccettabile. Non ci si può svegliare alla mattina, dare un bacio ai propri figli e alla propria moglie col timore che possa essere l’ultima volta. Si lavora per vivere, non per morire. E oltre i numeri spesso ci si dimentica che ci sono famiglie che versano lacrime amare".

Ha dovuto affrontare, da solo, anche problemi pratici? "Fortunatamente l’assicurazione dell’Inail ha risposto subito, ma a 10 anni dall’infortunio non ho ancora preso un centesimo di risarcimento. L’incidente è stato a ottobre, ad aprile con la mia attuale moglie avevamo preso casa e fatto tanti progetti. Tutto spazzato via. La mia forza è stata Alice che nonostante tutto ha deciso di diventare mia moglie e la madre dei miei figli. Abbiamo ricominciato insieme: ho dovuto imparare a scrivere con la sinistra, rifare la patente, cambiare macchina e ripensare il mio lavoro".

Lei era un artigiano nella ditta di famiglia. Ora? "Amavo il mio lavoro, ero specializzato nella saldatura. Mio padre e mio fratello continuano a mandare avanti la ditta , io invece ho deciso di trasformare la rabbia per l’infortunio in opportunità per diffondere la cultura della prevenzione. Ho fondato la Nazionale italiana sicurezza sul lavoro e porto in giro per l’Italia un messaggio di sensibilizzazione. A cominciare dalle scuole: gli studenti di oggi sono gli imprenditori e i lavoratori di domani. Le frasi “Tanto a me non capita” o “Abbiamo sempre fatto così” sono le più pericolose che senti nei cantieri. Dobbiamo cambiare la testa della gente".