BARBARA CALDEROLA
Cronaca

Flowserve, la lista nera. Scattano i licenziamenti

Convocati i 61 dipendenti che saranno lasciati a casa tra agosto e dicembre . La rabbia del sindacato: "Inaccettabile, vanno in India per guadagnare di più".

Flowserve, la lista nera. Scattano i licenziamenti

Flowserve, la lista nera. Scattano i licenziamenti

Per l’azienda il tempo dei tavoli è finito ed è scattato quello dei licenziamenti. La lista nera è pronta e le convocazioni degli operai sono cominciate. Per 61 dei 179 dipendenti della Flowserve di Mezzago, multinazionale americana dell’Oil&Gas, le speranze sono svanite. Vengono chiamati uno ad uno e nel polo brianzolo "si consuma una seconda pesante operazione di alleggerimento del personale", dopo la prima durante il periodo del Covid, altri 45 posti cancellati. Allora dal mercato, adesso dalla delocalizzazione, sì perché la produzione di valvole per gli impianti di estrazione del petrolio non termina, si trasferisce in India. "È inaccettabile – attaccano Adriana Geppert della Fiom-Cgil e Gloriana Fontana della Fim-Cisl –, siamo davanti al profitto che a parole sbandiera l’importanza della responsabilità sociale, ma nei fatti è l’opposto. Si va dove la manodopera costa meno per guadagnare di più".

La prima tranche di metalmeccanici "sarà fuori entro fine agosto, il resto a dicembre", spiegano le sindacaliste. In via delle Industrie si continueranno a sfornare attuatori, altri componenti per gli impianti di estrazione del petrolio, ma il timore è che anche il reparto superstite "subisca in futuro lo stesso trattamento". Scioperi e istituzioni non sono riusciti a centrare l’obiettivo di una mediazione, "prima di tutto sugli ammortizzatori che avrebbero preservato l’occupazione e il sito", ricordano le sigle, ma neppure alla soluzione più soft delle uscite volontarie. È stata proprio la scelta della multinazionale di negare il rispetto di questo criterio – come invece avvenne l’altra volta – a provocare all’ultimo momento la rottura della trattativa, "nonostante le sollecitazioni della Regione - dicono Fim e Fiom -. Gli ordini ci sono e il fatturato è in crescita sui 30 milioni, l’ad invia a tutti messaggi sugli ottimi risultati raggiunti, ma decine di persone finiscono in mezzo alla strada. Succede solo in Italia. Da Mezzago è già stato trasferito il 90% delle attività, ma i risultati sono stati tutt’altro che brillanti. A pagare il prezzo sono sempre i lavoratori".