Crolla la piramide del malaffare Maxi truffa da venti milioni di euro Solo in 50 su 2mila chiedono giustizia

Le vittime dei contratti di investimento fittizi pubblicizzati sui social e con grandi eventi mediatici. Nel 2021 i militari della guardia di finanza avevano eseguito otto arresti. In sei hanno già patteggiato.

Crolla la piramide del malaffare  Maxi truffa da venti milioni di euro  Solo in 50 su 2mila chiedono giustizia

Crolla la piramide del malaffare Maxi truffa da venti milioni di euro Solo in 50 su 2mila chiedono giustizia

di Stefania Totaro

Accettate le parti civili degli investitori beffati dalla presunta maxi frode finanziaria da 20 milioni di euro architettata con il ‘metodo Ponzi’. Lo ha deciso il Tribunale di Monza respingendo la richiesta presentata dai difensori della decina di imputati accusati di avere messo in atto fittizi contratti di investimento pubblicizzati sui social e con maxi eventi mediatici e che avrebbe mietuto oltre duemila vittime. Nemmeno una cinquantina si sono costituiti al dibattimento per le accuse a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata all’abusivismo finanziario, alla truffa, all’autoriciclaggio e alla bancarotta fraudolenta. Una mezza dozzina di altri imputati hanno già patteggiato pene dai 2 ai 4 anni di reclusione. Nel 2021 gli uomini del Nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza di Milano, coordinati dalla Procura di Monza avevano eseguito otto arresti, sette in carcere e uno ai domiciliari. Sotto la lente degli inquirenti il cosiddetto metodo Ponzi, quello del “marketing piramidale”, che prende il nome da un immigrato italiano negli Stati Uniti che arrivò a raccogliere 15 milioni di dollari negli anni Venti truffando 400mila persone. Gli imputati avrebbero utilizzato quattro società, tra cui il “Nidalina Group”, per proporre e stipulare falsi contratti di compravendita o affitto e prodotti finanziari con promesse di alti rendimenti ai clienti. Questi venivano ripagati con il denaro proveniente dagli investitori successivi. Il tutto tra il 2016 e il 2018, per cifre dai 5mila ai 600mila euro a investitore. Finché una carta crollata ha fatto crollare tutto il castello. Sulla vicenda hanno indagato precedentemente le Procure di Milano e Arezzo, che poi hanno fatto confluire i loro fascicoli per competenza a Monza, dove il pm Michele Trianni ha presentato per tutti gli imputati le richieste di rinvio a giudizio. La difesa degli imputati ha invece chiesto che il processo venga celebrato per competenza in questi Tribunali diversi da quello monzese. I giudici decideranno nella prossima udienza fissata a luglio. La vicenda, balzata alle cronache nazionali per l’entità della presunta truffa ai danni di ignari investitori, è diventata nota come il caso “Nidalina Group” ma a fallire, oltre a questa società, risulta anche la “Comelet srl”.

La difesa degli imputati punta sulla contestazione dell’accusa di esercizio abusivo della professione finanziaria, sostenendo che gli operatori che hanno offerto gli investimenti su larga scala lo hanno fatto in modo perfettamente regolare, al di là della necessità di dover essere iscritti o meno alla Consob. Per quanto riguarda l’ipotesi di truffa, secondo gli imputati si trattava di investimenti già presentati come ad alto rischio, ma comunque accettati da una valanga di investitori.