CRISTINA BERTOLINI
Cronaca

Carta straccia, ferri vecchi e magia: "C’è poesia anche negli scarti"

Al Binario 7 di Monza in mostra le installazioni degli artisti Adelio Maronati e Carlo Mangolini. "Cerchiamo di portare alla luce le possibilità espressive di materiali poveri e reperti del contemporaneo".

Carta straccia, ferri vecchi e magia: "C’è poesia anche negli scarti"

Carta straccia, ferri vecchi e magia: "C’è poesia anche negli scarti"

Monza – Gli oggetti che ci circondano, anche quelli più banali, sono poetici portatori di memorie e racconti. Questo racconta “Di nuovo vivo“, la mostra di installazioni di Adelio Maronati e Carlo Mangolini a cura di Simona Bartolena e Armando Fettolini, nell’ambito del progetto BinarioArte. Sarà inaugurata oggi alle 19 e resterà aperta fino al 2 giugno (ingresso gratuito da martedì a domenica, dalle 15 alle 18). La capacità di cogliere la straordinaria magia delle cose e il suo potenziale artistico è ciò che accomuna i due artisti tra loro profondamente diversi: Adelio Maronati e Carlo Mangolini (nella foto). Il primo (nato nel 1939) esponente della fertilissima scena artistica milanese degli anni Sessanta e Settanta; il secondo (nato nel 1970) artista e curatore aquilano. Nella sua arte Adelio impiega materiali poveri (carta straccia, spugne per i piatti usate, scarti di ogni genere), Carlo invece assembla reperti archeologici del contemporaneo (elementi metallici e vecchi oggetti d’uso).

Entrambi ridanno nuova vita ai materiali, trasformandoli in opere d’arte potentemente narrative, ma anche immaginifiche, inaspettate, capaci di aprire nuovi punti di vista. Le loro opere paiono rispondersi continuamente: da una parte la leggerezza apparente di Adelio, che usa la carta, ma dandole la forza della pietra, dall’altra la pesantezza altrettanto apparente di Carlo, che tratta il ferro, ma con il sorriso dell’ironia. Adelio crea senza porsi alcun limite, indagando le possibilità espressive di materiali e oggetti che ad altri sarebbero parse avanzi da buttar via, inutili scarti da eliminare. Tutto diventa arte o potrebbe diventarlo. "Il punto – sottolinea l’artista – non è il recupero a tutti i costi e neppure la volontà di dare una nuova vita a un rifiuto, ma la scoperta delle potenzialità poetiche di qualsiasi materiale". Archeologo del contemporaneo, Carlo Mangolini costruisce memorie collettive partendo dal ricordo individuale di un oggetto recuperato.

Nel farlo mette a frutto i suoi molteplici talenti: la logica e il rigore dei suoi studi e del suo mestiere di architetto, l’attenzione per le dinamiche della società e uno sguardo intelligente sulle relazioni tra diversi elementi in uno spazio, coltivati come curatore di mostre ed eventi culturali. Il reimpiego di oggetti comuni è sottoposto a una complessa e personale rivisitazione. Spesso l’oggetto recuperato è chiamato a interpretare un ruolo che non gli è proprio, trasformandosi radicalmente, pur senza smarrire mai la propria riconoscibilità. La lama tagliente di un attrezzo agricolo diventa una falce di luna, una catenella di cristalli si trasforma nell’acqua preziosa che sgorga da un rubinetto e così via. Gli oggetti si incontrano, si fondono, si uniscono a formare una nuova entità, invitandoci a guardare con occhi diversi la nostra banale quotidianità.