Respinta e rinviata di due mesi per un’ulteriore osservazione del comportamento dei minorenni la loro richiesta di messa alla prova per la brutale aggressione di gruppo ai danni di un pakistano a Capodanno 2023 a Meda, per cui ha già patteggiato l’unico maggiorenne del branco. Il 20enne di Cabiate ha già concordato con la Procura di Monza la pena di 4 anni e 11 mesi di reclusione. All’udienza si è costituita parte civile con l’avvocato Francesco Ferreri la vittima del tentato omicidio, un 34enne pakistano residente a Meda, a cui il 20enne ha versato un piccolo acconto del risarcimento. Con il 20enne erano stati arrestati dai carabinieri anche il fratello, ora diventato maggiorenne e altri due minorenni, ora 16enne e 17enne residenti a Seregno, che dopo l’interrogatorio di garanzia erano stati mandati in una comunità educativa e ora sono sottoposti alla misura della permanenza a casa. Quarto indagato un ragazzo ora 18enne di Seregno, collocato in comunità. Per loro la Procura per i minori di Milano ha chiesto il giudizio immediato, ma tutti hanno chiesto di essere processati col rito abbreviato, fissato al Tribunale per i minorenni di Milano. All’udienza è stata presentata dagli imputati la messa alla prova ai lavori di pubblica utilità che mira a estinguere il reato. Ma il gup Angela Colella ha rinviato a metà gennaio chiedendo ulteriori accertamenti. "Non ci è arrivata neanche una lettera di scuse", sostiene l’avvocato di parte civile. Secondo la ricostruzione il pakistano, che camminava, palesemente ubriaco, in centro con un connazionale, era stato accerchiato e picchiato dal branco e poi ferito gravemente all’addome con un coccio di bottiglia.
A sferrare il fendente l’unico maggiorenne. L’amico del 34enne era scappato terrorizzato e la vittima era stata lasciata a terra, tanto che alcuni passanti avevano pensato che si fosse addormentato per l’eccesso di alcol. Sentito in seguito dai militari, inizialmente si era dimostrato reticente, ammettendo poi di essere stato intimidito. Dalle testimonianze raccolte è emerso tra il gruppetto di amici, almeno una decina, che si trovavano sul luogo dell’aggressione, un clima di intimidazione e minacce in stile Gomorra da parte dei due fratelli per convincerli a non identificare i responsabili quando sarebbero stati interrogati. Dalle testimonianze emerge anche che il fratello minorenne dopo l’aggressione volesse prendersi la colpa di essere l’autore del fendente, per evitare guai al fratello maggiore, che aveva già ottenuto il perdono giudiziale da minorenne per aver preso una persona a martellate.