Amici senza frontiere. Edward e Prem: il valore del dialogo

"La bellezza è che abbiamo provenienze diverse"

Sorridono come due amici pieni di complicità. Prem Chandu Inti e Edward Mbewe sono due dei 54 seminaristi del Pime di Monza, e subito danno l’idea di trovarsi a loro agio tra i corridoi del seminario.

Sono entrambi in sessione d’esami, Prem è al terzo anno della facoltà di teologia, Edward al primo, ma sono quasi coetanei, il primo di 28, l’altro di 27 anni.

"Io sono arrivato in epoca ancora di pandemia, a fine ’21 – racconta Prem –. Vengo dal sud dell’India e questa è stata la prima volta che sono uscito dal mio Paese. La mia famiglia però è cattolica. In India solo il 2% sono cristiani, mentre l’85% è induista e il 14% islamico. Se oggi sono qui è perché in India ho potuto studiare in una scuola sotto protezione del Pime, che mi ha ospitato nel suo ostello per 5 anni. Lì ho conosciuto i padri missionari – prosegue appassionato nel racconto –, ho vissuto con fratel Enrico Meregalli, originario di Cinisello Balsamo, che è lì da 40 anni. Lui ha fondato la scuola tecnica per insegnare alla gente del posto i mestieri, come quello del falegname. Mi sono innamorato dell’altruismo dei missionari, la mia vocazione è nata anche per questo".

Un po’ diversa invece la storia di Edward, originario dello Zambia. "Anche io sono di famiglia cattolica, ma ho maturato la mia vocazione grazie a un padre ambrosiano della mia parrocchia, in Zambia, non del Pime – racconta il giovane seminarista –. Per farmi capire l’autenticità della mia vocazione mi ha fatto andare 8 mesi in Papua Nuova Guinea, a fianco dei missionari del Pime. È lì che ho avuto la conferma che aspettavo, decidendo di entrare al seminario Pime di Monza. Dopo mi piacerebbe tornare in Papua".

Intanto in Italia l’integrazione di entrambi sta andando molto bene. "L’Italia ha tanta cultura e la gente è aperta nel parlare, nel condividere la vita – dice Prem –, dalle mie parti in India si è più chiusi su queste cose. Anche il cibo è molto buono anche se ho fatto fatica ad abituarmi, da noi è molto più speziato".

"Anche io mi trovo bene in Italia – gli fa seguito Edward – seppur le differenze con l’Africa siano profonde: da noi c’è molta meno urbanizzazione e un diverso modo di socializzare, il contatto tra esseri umani è molto più forte e genuino".

Poi sulla vita in seminario: "La bellezza qui è che abbiamo tutti provenienze diverse – osserva Prem –. A volte per incomprensioni culturali non ci comprendiamo, ma poi è bello dialogare e scoprirsi. Le nostre giornate si scandiscono, oltre che nelle lezioni e nello studio, nel pregare, nel mangiare e nel fare attività insieme. Ci prendiamo cura dell’orto, del giardino, e giochiamo. Facciamo sport e tornei di giochi da tavolo".

E alla domanda se non sentano il bisogno di divertimenti mondani: "Anche noi ci divertiamo a modo nostro – risponde Prem –. Ogni weekend giriamo per gli oratori della diocesi di Milano, dove viviamo momenti religiosi e poi giochiamo, balliamo, e a volte la sera usciamo prendendoci una birretta con gli animatori".

"Lì però ci fermiamo – aggiunge Edward – Ogni tanto il ricordo e la nostalgia di momenti passati di divertimento viene, ma sappiamo dei nostri limiti, e siamo convinti di ciò che facciamo. La nostra vita è testimoniare Gesù, e questo è di una bellezza più grande per noi".

A.S.